lunedì 30 giugno 2025

11. Ti presento Aaron - Parte II (La fine di un sogno)

- Eccoci arrivati a Montevecchia, ragazzi: trenta chilometri da Milano, ed è come essere fuori del mondo!

- Fantastico, Gianni! È veramente bellissimo.

- Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto, cucciolo. Ora però, ragazzi, mettiamoci al lavoro. So guys, now Aaron leans on the Smart with his left arm and looks out of the corner of his eye at Emmanuel who is lying on the hood of the car.

- Scusa, che cazzo ci faccio sdraiato sul cofano?

- Fai quello sexy, tesoro, che è la cosa che ti riesce meglio… Stop like that, good... Aaron, shake your hair and smile... you have the smile of a god...

(Rumore di scatti)

- Now take off your shirts.

- Ci dobbiamo togliere la maglietta? E perché?

- Yeah, why?

- It's hot! Now stand next to each other, Emmanuel in profile, pretending not to notice the other, Aaron with his arms crossed with the look of a feline ready to pounce… Very good, that's it! You are gorgeous… Ora, Emmanuel, stenditi a pancia in giù sul cofano.

- Ma di nuovo?

- No amore, non di nuovo: prima eri supino, ora invece a pancia in giù. Che vuol dire con il sedere all’insù, capisci?

- Certo, come no. Cazzo, ma scotta!

- Mettici la maglietta sotto, nella foto non si vede.

- Nice ass, bro…

- Thank you, Aaron.

- Ora con lo sfondo del santuario, ragazzi: è magnifico.

- What?

- With the backdrop of the sanctuary. Fermi ragazzi, passano di nuovo i ciclisti… Questo posto è una favola, ma è letteralmente infestato dai ciclisti.

(Rumore di scatti)

- Basta così, pausa pranzo. Nel pomeriggio riprendiamo a fare le foto, ma questa volta con lo sfondo delle piramidi misteriose.

- Which pyramids?

- There are pyramids of mysterious origin in this area: you will see them soon.

- Okay.

- Dove andiamo a mangiare?

- Da Pasqualino, tesoro: è una trattoria molto famosa in zona. Preparano degli ottimi risotti: risotto giallo e salsiccia, risotto con funghi porcini, con la rucola, con osso buco… Come vedi c’è pappa anche per i vegetolini come te.

- Vegetolini?

- Sì, perché? Non sei forse un vegetolino? E poi dalla terrazza del locale si gode uno spettacolare panorama con sfondo su Milano.

- Sai che c’è, Gianni? È sempre uno straordinario piacere pranzare con te.

- Il piacere è tutto mio, ragazzi. Andiamo.

(Camminano verso i loro mezzi di trasporto).

- You're really cool, buddy, you know?

- You're super cool too, Aaron, but unfortunately I'm strictly straight.

- Well, I'm strictly bisexual.

- Strictly?

- Yeah, strictly.

 

(Più tardi, al ristorante)

- Che vista fantastica, Gianni!

- Eh sì, da quassù si vede tutta la Brianza.

- Avevi ragione, valeva la pena di venire qui. E poi abbiamo mangiato benissimo: mi è piaciuto soprattutto quel formaggio cotto nel padellino, una vera squisitezza.

(Arriva una giovane cameriera sorridente).

- Tutto bene?

- Benissimo, grazie.

- Desiderate un dolce?

- Io sì!

- Yeah, me too.

- Come vede i ragazzi hanno un robusto appetito da ventenni.

- Vedo… e che ventenni!

- Eh sì, non c’è male. Cosa avete come dessert?

- Abbiamo dei dolci fatti in casa: vi consiglio il tiramisù, è la nostra specialità.

- Vada per il tiramisù.

- What is “tiramisoo”?

- It is a spoon dessert, sweet Aaron, made with ladyfingers soaked in coffee and covered with a cream made from mascarpone, eggs and sugar, with some liqueur.

- Do you like it, Emmanuel?

- Yes, I like it very much: it’s delicious.

- Delicious like you?

- Oh no, much more.

- I don't think it's possible.

- Oh well…

(Arriva la cameriera)

- Ecco i vostri tiramisù!

- Grazie, cara.

(Poco dopo, davanti alle piramidi)

- Una vera stranezza, non trovate? La conformazione di queste colline non ha niente di naturale.

- No, in effetti sono proprio strane.

- They look like step pyramids like those of the Aztecs.

- Yes, Aaron.

- Ma cosa ne pensano gli studiosi?

- Non sono concordi, rattolino. Alcuni insistono a dire che si tratta di formazioni naturali, ma non ne hanno l’aria, tanto più che una delle piramidi mostrava tracce evidenti di blocchi di pietra assemblati da esseri umani.

- A me non sembrano affatto di origine naturale.

- Un gruppo di ricercatori della repubblica ceca ha affermato che le piramidi sono allineate col passaggio di Orione all’alba del solstizio d’estate: come quelle di Giza, solo che queste sono molto più antiche.

- Più antiche?

- Eccome, marmottino. Non dimenticare che siamo solo a un’ottantina di chilometri dalle celebri pitture rupestri della Val Camonica. Ma adesso basta con le curiosità archeologiche e diamoci da fare: vi voglio di nuovo a torso nudo, ma questa volta Aaron deve stringere fra le braccia Emmanuel come se volesse stritolarlo, e Emmanuel mi deve fare quel solito musetto che sa, un po’ spaurito, come una ragazzina al suo primo rapporto.

- Ooookay…

- Come on, Emmanuel, I'll hold you tight, tight.

- Don't overdo it though.

- Just enough to make you feel my body.

- Oh boy…

(Rumore di scatti)

- Fantastico, siete sexyssimi. Aaron, mordigli il collo… così… e tu, Emmanuel, sta’ un po’ fermo, che le foto mi vengono tutte mosse.

- Hey, easy on the bites!

- I'll eat your neck like a vampire.

- Emmanuel, lasciati andare fra le sue braccia… guardalo negli occhi come se volessi entrargli nei pantaloni…

- Negli occhi come se volessi entrargli nei pantaloni? Ma sei fuori?

- Oh senti, non stare a polemizzare su tutto! Oggi sei insopportabile, amore marmotto, lo sai? Sembra che ti abbia punto una tarantola, mi vieni male anche in foto.

- Eh, sarà il confronto…

- Non dire sciocchezze. Fermi, così…

- What is “amore marmotto”?

- Nothing, leave it alone, it's a bullshit that Gianni always tells me.

- Are you his boyfriend?

- No, I’m not.

- Better this way.

(Qualche tempo dopo)

- Bene ragazzi, abbiamo finito: siete stati fantastici, non trovo aggettivi per definirvi. Questo servizio fotografico è una bomba, farà davvero sensazione!

- May I leave?

- Sure, love, but remember: come back to my office tomorrow, we're certainly not finished here.

- Perfect, that's what I was hoping for. And him? Will he be there tomorrow?

- No, he won't tomorrow. Maybe another time.

- I hope to see you again soon, boy: I like you very much. Let me hug you.

- Thanks, Aaron. Bye!

(Aaron abbraccia Emmanuel, sale sulla Yamaha, mette in moto e se ne va).

- Andiamo, tesoro?

- Andiamo.

(Salgono sulla Smart. Gianni avvia il motore e parte. Silenzio per alcuni minuti).

- Come mai così silenzioso?

- Non ho voglia di parlare.

- Sei arrabbiato?

- Gianni, parliamoci chiaro: se non ti servo più dimmelo in faccia. Mi hai dato il numero di un altro fotografo, mi rivolgerò a lui.

- Ma no, gioia, come ti salta in testa un’idea così ridicola?

- Eh, chissà come mi salta in testa. Domani rivedi Aaron perché “non hai certo finito con lui”, io invece “forse torno un’altra volta”. Guarda che lo capisco perfettamente, l’inglese.

- Ma è perché con te ormai c’è un rapporto fisso, tesoro, mentre con lui è appena iniziato e devo ancora consolidarlo. Tutto qui.

- Ah, tutto qui.

- Sì, tutto qui.

- Ma mi prendi per scemo? Si vede lontano un miglio che vorresti portartelo a letto.

- Eh, non nego che effettivamente, se potessi, vorrei. Ma purtroppo alla mia età, e con dei mezzi fisici, diciamo, nella norma, non posso certo ambire ad un obiettivo così elevato. Magari se fossi molto ricco, o molto potente… Sai, i tipi come Aaron sono sensibili a quel tipo di lusinga. Diciamo che si lasciano comprare facilmente.

- Mi stai dicendo che non te lo porti a letto solo perché non ci riesci, ma se ci riuscissi lo faresti?

- Certo che lo farei.

- Ah. E Massimiliano cosa ne penserebbe?

- Oh, lui capirebbe: mi ha tradito diverse volte anche lui. Sai, nei rapporti fra gay la fedeltà è una pura ipotesi.

- Cioè, lui sì e me no! Io vado bene solo per dormire.

- Ma perché ti agiti così, tesoro?

- Io non posso avere istinti sessuali, no! I miei sono una cosa bassa e volgare: mi hai detto di andare in bagno a farmi una sega se proprio ci tenevo, te lo ricordi? Mi hai offeso a morte quella volta.

- Era solo una provocazione, cucciolo: sapevo perfettamente che non l’avresti fatto.

- Ma con Aaron è diverso, suppongo. Con lui puoi.

- Te l’ho già spiegato, con te non posso, perché per te provo dei sentimenti profondi.

- Capisco. E dimmi, chi dei due farebbe il maschio? Perché sai, incomincia a venirmi il dubbio che il problema sia proprio quello.

- Sei fuori strada, amore: con i ragazzi non amo il ruolo passivo.

- Gianni, sei una merda.

- Ma topolino…

- Topolino un cazzo! Mi stai prendendo per il culo, non lo sopporto. Portami alla mia macchina, voglio andarmene da qui al più presto.

- Cucciolo, ascolta: era un discorso puramente teorico. Lo sappiamo tutti e due che io non potrei mai ambire a un tipo come Aaron. Tu, piuttosto…

- Io cosa?

- Ho visto come ti ha abbracciato, come ti guardava mentre facevamo le foto, mentre eravamo al ristorante… E ho sentito le sue battute sul tuo sederino e sulla tua bellezza. Marmottino, tu gli piaci!

- Eh. E allora?

- E allora buttati! Non ti capita un’altra volta un’occasione del genere. Buttati fra le braccia di quel meraviglioso wapiti della tundra canadese, lascia che ti faccia suo! Per te sarà un’esperienza meravigliosa, e io la vivrò attraverso di te. E la tensione erotica che scaturirà fra i miei due animaletti artici sarà un soggetto formidabile per i miei scatti… Ma cosa fai?

- Fermati.

- Ma sei matto? Apri la portiera in corsa?

- Ferma questa cazzo di macchina!

- Cosa fai, vomiti? Ti è venuta la nausea, cucciolo? Forse andavo troppo veloce in curva…

(Gianni ferma la Smart. Emmanuel salta giù dalla macchina e corre lungo la strada sbracciandosi e facendo il segno dell’autostop. Si sente la frenata di un TIR).

- Ehi ragazzo, sei fuori di testa? A momenti ti prendo sotto!

- La prego, mi può portare a Milano? O dove le pare, basta che mi dia un passaggio.

- Sto andando proprio a Milano. Salta su. Ma che succede?

- Niente, ero sulla Smart con quel tizio, ma…

- Ti ha messo le mani addosso, eh?

- No, non proprio. La prego, parta.

(L’autista riavvia il TIR. Gianni, incredulo e desolato, grida dal finestrino).

- Emmanuel, cucciolo, amore!

(Emmanuel sporge la testa dal finestrino).

- Ma per chi mi hai preso, per una puttana?? Angelo custode del cazzo!

- Ma dove vai? Ti prego, torna qui!

- Vaffanculo, Gianni. Vaffanculo!!

(Il TIR riparte)

- “Cucciolo, amore”… Ho capito, un molestatore seriale.

- Eh, chiamiamolo così. Grazie del passaggio.

- Di niente, ragazzo.

(Gianni insegue il TIR strombazzando e chiamando Emmanuel. Il cellulare di Emmanuel squilla: lui guarda il numero e blocca la chiamata).

- E insiste, vedo.

- Sì, ma col cazzo che rispondo. Se non le dispiace faccio una chiamata a casa.

- Figurati, fa’ pure.

(Emmanuel compone un numero)

- Mayra? Torno fra un paio d’ore. Come si è comportata Bella? Mi fa piacere. Io sono a pezzi. Preparami un bagno caldo, per favore. Grazie di tutto, davvero: a fra poco.

(Riattacca. Rumore del TIR che si allontana).



FINE
(Ma sarà davvero la fine?
La storia di Emmanuel e Gianni può davvero finire così?...)

10. Ti presento Aaron - Parte I (Ma che bella sorpresa...)



(Milano, Giugno 1998)

- Eccomi, Gianni: sono pronto per andare.

- Addirittura in anticipo, tesoro! Meglio così, avremo più tempo per noi. Mi metto la giacca e partiamo subito.

- Con che macchina andiamo?

- Ma che domande, cucciolo: con la Smart. Altrimenti come faccio a fotografarla?

- Ah, pensavo che fosse già sul posto.

- E come ci sarebbe arrivata? Con la forza del pensiero? No, sono andato a prenderla personalmente io ieri pomeriggio alla concessionaria: è parcheggiata a pochi metri da qui, non l’hai vista?

- No Gianni, non ci ho fatto caso. Del resto si mimetizza facilmente, è solo mezza macchina.

- Oh, ancora con questa storia della macchina segata in due… Ti piacerà, vedrai.

- Ne dubito, non è il mio genere.

- In effetti il tuo genere è più tipo vecchio fuoristrada un po’ scassato.

- Scassato un corno! Il mio Suzuki è in perfetta forma.

- Massì, dai, scherzavo. Non prendere tutto sul personale…

- Mah, insomma. Non mi pareva che stessi scherzando.

- Tesoro, lo sai che mi fa impazzire vederti arrivare in groppa al tuo vecchio e fedele destriero: sei il mio cavaliere preferito, ogni volta che freni sotto la mia finestra mi dai un brivido di emozione.

- Quando hai finito di prendermi per il culo mi avvisi?

- Ma figurati sei prendo per il culo il mio marmottino! Magari potessi… Ma sappiamo entrambi che non è possibile e ci amiamo lo stesso.

- Sì vabbè. Ma la sorpresa che mi dicevi?

- Ci aspetta al bar qui sotto, amore mio. Vieni, resterai a bocca aperta.

(Scendono le scale. Rumore di automobili e di traffico cittadino. Entrano al bar).

- Here we are, Aaron: are you ready to go?

- Yes, sure.

- Emmanuel, ti presento Aaron. Aaron, this is Emmanuel.

- Nice to meet you, Emmanuel.

- Be’, cucciolino, non lo saluti?

- Io... sì, certo. Hi, Aaron.

- Shall we go?

- Let’s go.

- I'll pay the bill, you can start going. Wait for us out here and follow our car.

- Okay.

(Aaron esce, Gianni paga il conto ed esce con Emmanuel).

- Aaron ci segue in moto: la Smart Fortwo, come dice il nome, è solo per due persone. Del resto è una splendida giornata di sole e lui ha una Yamaha YZF-R1 che è la fine del mondo. La benzina gliela pago io, ovviamente.

- Capisco.

- Vieni, sali in macchina: ti va di guidare o preferisci che guidi io?

- Guida tu, Gianni: io a malapena ci entro, in questo coso.

- Esagerato.

(Avvia il motore e partono. Rombo della Yamaha alle loro spalle. Qualche minuto di silenzio).

- Allora, tesoro, hai perso la lingua? Che mi dici della sorpresa?

- Sono senza parole, Gianni: è un figo spettacolare.

- Vero che è da brividi? È un Métis canadese, per la precisione un Menominee, della famiglia degli Algonchini per interderci. Sai, loro sono famosi per alcune loro tradizioni di una bellezza folle: per esempio, una volta all’anno due vergini sposano le reti da pesca.

- In che senso le sposano?

- Ritualmente, cucciolo: e come se no? Le reti da pesca, che io sappia, non hanno organi sessuali. Poi coltivano il mito dell’eroe Gluskap, che liberò le acque sequestrate dal drago.

- Fanno uso di stupefacenti?

- I loro sciamani certamente sì, come tutti gli stregoni.

- No, io dico in generale: raramente in vita mia ho sentito delle cose più demenziali.

- Non ti rapisce il fascino di queste antiche tradizioni?

- No, non mi rapisce.

- Che cuore duro che hai, amore: del resto, lo sapevo già. Ad ogni modo non è tutto qui: fanno disegni geometrici simmetrici, per esempio doppie spirali, e la loro cultura è incentrata sulla scorza di betulla.

- Davvero emozionante.

- Tutto ciò comunque non giustifica la permanenza nelle riserve del Canada di uno gnocco stellare come Aaron. È di una bellezza da suicidio. Guardalo adesso nel retrovisore: effetto Daniel Day-Lewis ne “L’ultimo dei Mohicani”, ferma il cuore in petto.

- Già. Davvero mozzafiato.

- E quindi ha pensato, giustamente, di tentare la carriera di fotomodello ed è venuto a Milano. Io, appena ho visto il suo book, ho telefonato all’agenzia e ho detto senza mezzi termini: “Questo ragazzo è mio”. Figurati se mi lascio sfuggire un’occasione del genere: questo buca lo schermo, straccia l’obiettivo.

- Indubbiamente. Posso sapere, quindi, che bisogno avevi di me oggi?

- Amore marmottino, ma cosa mi fai, il sostenuto e l’offeso? Sei arrabbiato con me perché c’è un altro bellissimo nella mia vita?

- Gianni, ti ho semplicemente fatto una domanda e gradirei avere una risposta: a cosa servo io oggi? O se preferisci: mi hai fatto venire qui solo per farmi vedere la tua ultima conquista?

- E se anche fosse? Adoro condividere con te le mie cose, lo sai.

- Ti ringrazio, ma alcune cose ti prego di tenertele per te.

- Cucciolo, su, non farmi quel musetto brutto…

- Una volta me lo chiedevi tu, di farti il musetto “brutto brutto”.

- E infatti mi piace ancora da impazzire! Non ti dico cosa le farei, a quella boccuccia capricciosa.

- Proprio niente, direi, a giudicare dalla notte che abbiamo trascorso insieme.

- Oh, quella notte… Cucciolo caro, non posso dimenticarla. Ma questo accade perché ti amo: se non ti amassi ti farei le peggio cose, credimi.

- Curiosa logica, ma vabbè, faccio finta di crederti.

- Non è affatto curiosa. Mi sa che tu sei troppo giovane per avere visto un film di tanti anni fa, “Il bell’Antonio”, tratto da un romanzo di Brancati: se lo avessi visto capiresti molte cose.

- No, non l’ho visto: lo cercherò da qualche parte e me lo guarderò con calma.

- Ma veniamo al dunque. No, amore, non ti ho fatto venire qui solo per esibire la mia ultima conquista, come la chiami tu: tu sei e resti il mio marmottello preferito, per cui oggi farai delle foto insieme ad Aaron.

- Cioè, fammi capire: tu penseresti di mettere in campo due ragazzi alti uno e novanta per sponsorizzare una city car grossa quanto un topo?

- Sì, tesoro!

- Ma che senso ha? È una cretinata, scusa se te lo dico: un tizio fighissimo con un fisico spettacolare va in giro su una Yamaha, esattamente come fa lui, non su una Smart! E per di più con un altro ragazzo? E cosa ci fanno esattamente due come noi insieme su una Smart?

- Ma non capisci? È una trovata pubblicitaria formidabile! È proprio quello che si domanderanno tutti: “ma che diavolo c’entrano questi due con la Smart?” E cominceranno a formulare le ipotesi più fantasiose, approdando poi alla più ovvia: sono gay e sono lì per farci sesso. E il gioco è fatto.

- Cosa? Ma ti ha dato di volta il cervello? Due così alti che fanno sesso in una Smart? Ma non ce la potremmo fare neanche reclinando il sedile, dai, che cazzata.

- Sì, tesoro. È proprio l’assurdità la chiave di tutto: tutti penseranno alla fatica terribile che faranno quei due poveri ragazzi per spogliarsi a vicenda lì dentro, strappandosi gli abiti a morsi e sbattendo i gomiti contro tutti gli spigoli, e ne dedurranno che solo una passione erotica cieca e travolgente può spingerli ad abbattere tutti quegli ostacoli.

- Oppure, più semplicemente, ne dedurranno che se ne vanno a scopare in un motel e stop.

- No, tesoro, perché non ce la fanno a resistere: ormai l’urgenza della passione li ha travolti. Insomma, una pubblicità del genere non potrà certo passare inosservata. E poi giocheremo molto sull’ambiguità: lui così nero e tenebroso, un giovane bellissimo demone, che tiene avvinghiato un angelo biondo indifeso con un musetto brutto brutto…

- No senti, Gianni, io questa cazzata non la voglio fare: pensa un po’ se la vedono i miei o Antonia…

- Guadagnerai un bel po’ di soldini, amore mio.

- Eh pazienza, vorrà dire che farò il muratore ancora per un po’. Non mi va di prostituirmi.

- Gioia, ti prego: non darmi questo dispiacere… Ho già in mente tutto il servizio fotografico, scatto per scatto. Ci tengo tanto, sai? Per me è una grossa opportunità di carriera. E il posto dove stiamo andando è fantastico, ti piacerà moltissimo.

- Gianni, cazzo, mi stai chiedendo veramente troppo…

- Marmottino -ino -ino…

- E va bene, non mi va di deluderti.

- Ti amo, cucciolo.

- Eh, anch’io ti voglio bene, altrimenti ti avrei già mandato a stendere.

- Ah, una cosa: Aaron non parla italiano, per cui dovrò rivolgermi a voi due in inglese.

- Non è un problema, lo capisco benissimo.

- Se dobbiamo dirci qualcosa di personale possiamo farlo in italiano, tanto lui non ci capisce un’acca.

- D’accordo.

 

sabato 28 giugno 2025

9. L'amour est un oiseau rebelle (Emmanuel si confida con Mayra)

Sono quasi le sette di sera: nella stanzetta attigua all’ufficio, che Mayra ha trasformato in un piccola e graziosa camera da letto singola, c’è una piacevole penombra. Mi sto riposando, o meglio, sto tentando di fare i conti con lo strano marasma che l’esperienza allo chalet con Gianni ha lasciato dentro di me. Mayra mi raggiunge, si butta a sedere sul letto con tutto il suo peso, facendomi rimbalzare per il contraccolpo, ed esordisce seria:

- Prins, dobiamo pensare di più alle piante da jardino: nella parte scoperta ne abiamo ancora tropo poche.

- Lo so, Mayra: ci siamo concentrati di più sulle piante da fiore e da interno, che sono le più veloci da vendere.

- Sì, ma quele mujeres che ci manda la tua mamàn ci chiedono anche piante da metere fuori: oggi la sinhora Bòsoli mi ha chiesto una Mannolia, uno Smanto, un Caprofolio e un Aloropetalo che non so nemeno cos’è: dobbiamo darle una risposta entro domani.

- Allora May, si chiamano Magnolia, Osmanto, Caprifoglio e Loropetalo: dovresti cercare di impararli, i nomi delle piante che coltiviamo nelle serre.

- Ma io le conosco dalla facia, no dal nome.

- Faccia?

- Sì, dalla vista. Alora, cosa le rispondo?

- Dille che me le procuro al più presto: so dove trovarle.

- Poi volevo farti vedere questo catalogo qua con dei fiori nuovi tanto buniti…

Apre il catalogo e me lo appoggia sulle ginocchia. Lo chiudo con fastidio.

- Stasera no, May: scusami, non ne ho proprio voglia. Lo facciamo domani.

Mayra, un po’ delusa, appoggia il catalogo sul comodino e incrocia le mani sulle ginocchia.

- Te hai qualcosa che non va, Manu.

- Ma no, Mayra, ho solo un po’ di sonno.

Mi guarda seria.

- Abiamo fatto un acordo, Prinsy, che no mi devi racontare bujie, perché tanto me ne acorgo.

- E va bene May, è una bugia, lo ammetto, ma non puoi pretendere che io ti parli di tutto, anche delle mie cose strettamente personali.

- Va bene Prins, alora ti lascio solo con i tuoi pensieri e le tue cose stretamente personali. C’è la cane che ti fa companhia, non hai bisonho di me.

Accenna ad alzarsi, ma la trattengo per un polso.

- No, per favore, resta. Anzi, se ne hai voglia, magari fammi un massaggino dei tuoi alla schiena: ho un gran bisogno di rilassarmi.

- D’acordo, prendo l’olio da masajio.

Va in bagno a prendere l’olio profumato che usa per i massaggi, un olio che unge molto poco e che lascia addosso una fragranza deliziosa, quella del Tiarè, nome scientifico Gardenia tahitensis. Mentre mi tolgo la maglietta e mi distendo a pancia in giù penso che dovremmo procurarci anche quella pianta, oltre agli arbusti da esterno chiesti dalla signora Bozzoli. Quella benedetta donna è diventata una delle mie clienti fisse e mi sta portando un bel po’ di soldi, anche se il grosso dei miei guadagni per adesso proviene ancora dalla mia attività di fotomodello a tempo perso. Già, fotomodello. Ripenso a quei due giorni trascorsi allo Chalet La Marmotte: sono stati fra i più belli e intensi della mia vita, e ancora non ho capito perché. Questa attività ridicola è diventata per me una specie di droga, perché a fotografarmi è Gianni e le sue foto mi rivelano a me stesso; mi vedo attraverso i suoi occhi e lui mi vede bellissimo: questo ha generato in me una specie di cortocircuito emotivo; probabilmente, come afferma lui, mi sono innamorato di me stesso, come Narciso. Fatto sta che non riesco più a fare a meno di lui: farmi fotografare da lui è un modo indiretto di fare l’amore, lo sappiamo entrambi, e questa complicità ci lega. Però quella notte io ho veramente desiderato di fare fisicamente l’amore con lui, cioè, stando alla sua teoria, con me stesso. Mi sento terribilmente confuso, e per di più umiliato, perché è stato lui ad impedirmelo, dimostrando una saggezza dalla quale io sono ben lontano. Io l’avrei fatto, perché sono un idiota e ormai il mio cervello è finito in pappa: non mi sono minimamente posto il problema delle conseguenze, non mi sono ricordato che, fra l’altro, sono padre di un bambino, non mi sono ricordato niente di niente. Mi sento come un ragazzino alla sua prima cotta, e questo è assurdo da svariati punti di vista, a maggior ragione perché lui è impegnato con un altro uomo. Sono terribilmente a disagio con me stesso, vorrei scomparire e non farmi più vedere da lui, coltivando la segreta speranza che mi rimpianga per sempre, ma non posso farlo: ho un disperato bisogno di vederlo. Per mia enorme fortuna lui si comporta come se niente fosse accaduto, con quella surreale ironia che lo contraddistingue, alla quale si è aggiunto un tono di benevolo e quasi paterno affetto che un po’ mi rassicura, un po’ mi fa sentire un verme. Ma non posso fare a meno di lui, come del resto lui non può fare a meno di me. Probabilmente ci amiamo, ma non possiamo permettercelo.

D’altra parte per ora, anche se volessi farne a meno (e non voglio), non potrei: è grazie a quell’attività clandestina che sto restituendo a rate il prestito a mio padre e a Michele. Il ricavato delle vendite del vivaio, detratte le spese, mi basta a malapena per pagare lo stipendio a Mayra, che comunque se lo merita in pieno, dato che sta facendo prosperare le mie serre e attira sempre nuovi clienti. Ci sa fare con le signore, le intrattiene, offre loro dolci e caffè con le sue semplici e rilassanti chiacchiere. Ecco sì, rilassante: è questo il termine esatto per definire l’effetto di Mayra sulla gente in generale. Se dovessi paragonarla ad una pianta, la paragonerei alla Cannabis: quando c’è lei ti senti subito meglio.

- Stenditi bene a pancia in jiù - mi dice, iniziando a massaggiarmi le spalle. Mugolo di piacere e di benessere, nonostante il mio disagio interiore.

- Va melio, Manu?

- Molto meglio.

- È da quando sei tornato dalla montanha che sei tuto strano.

- Sì, lo so.

- Non hai volia di racontarmi cosa è sucesso? Forse è peggio che ti tieni tuto dentro.

- Forse. Non lo so, Mayra.

- Se me lo raconti mentre ti masajio, da tranquilo, vedrai che dopo ti sembra tutto più fàsil.

- Può essere. Ora ci penso, May. Tu intanto massaggiami anche più giù, per favore.

- Più giù dove? Sulle gambe? A quele ci arivo dopo.

- Più giù sulla schiena.

- Sul sedere?

- Sì, per favore. Se non ti dispiace. Mi sento tutto teso.

- Figurati se mi dispiace: ci hai un sederoto così bunito.

Mi rifila uno sculaccione.

- Ahia, sei matta?

- E stai jiù, che se no il masajio viene tropo màl.

Mi distendo con il viso appoggiato sulle braccia incrociate e chiudo gli occhi. La tempesta che ho dentro sembra placarsi a poco a poco al ritmo lento e cullante dei movimenti delle mani di Mayra. Tutte le parti del mio corpo si distendono e si rilassano, tranne una. Lì la tempesta perdura, c’è una strana agitazione che dipende da fattori a me non chiari: non è possibile che la cosa dipenda dall’attrazione fisica, perché Gianni mi piace molto come persona, ma non è il suo corpo che mi attrae: nel complesso è un bell’uomo, un uomo di mezza età che porta benissimo i suoi anni, ma di norma non mi sento attratto dai begli uomini, altrimenti mi sentirei attratto prima di tutto da Carlos, che ha tutti i numeri per esercitare una forte attrattiva erotica su chiunque. Io non sono gay nel senso classico del termine, non mi lascio sedurre dalla fisicità maschile, come del resto sono abbastanza indifferente a quella femminile, a meno che dietro la bellezza fisica non ci sia altro: Michelle era bellissima, ma di lei mi affascinava soprattutto la personalità, così diversa da quella di qualsiasi altra donna che io abbia mai conosciuto. Anche nel caso di Gianni, pur così differente, è la personalità ad affascinarmi: di conseguenza non si vede perché a reagire in quel modo debba essere proprio quella parte del mio corpo, anziché il mio cuore o il mio cervello o entrambi. È tutto così incomprensibile che mi sento davvero turbato: mi decido finalmente a parlarne con Mayra, la cui semplicità d’animo e chiarezza di mente mi sono in genere di grande aiuto in questi frangenti. Esordisco a bruciapelo, senza inutili giri di parole.

- Ho passato la notte a letto con un uomo.

Le sue mani si fermano per un attimo sulla mia schiena, ma poi ripartono imperturbate.

- Ah sì, Manu? Non c’è bisonho che mi dici con chi, lo so jà.

- Con Gianni.

- Apunto, lo sapevo jà. Io te l’avevo deto che ti eri enamorado di lui, ma tu ti eri arabiato.

- Mayra, è tutto molto confuso nella mia mente: non so se questa strana cosa si possa chiamare innamoramento.

- E come lo kiami?

- Non lo so, te l’ho detto. Gianni mi piace moltissimo come persona, ma lui dice che mi piace soprattutto il fatto che io gli piaccio e che lui è innamorato di me. Effetto specchio, capisci?

- Sì che capisco: quel òmo è intelijente, ha detto una cosa verisima.

- Però non è solo questo, Mayra: io con lui sto davvero bene. È divertente, spiritoso, colto, affascinante… E mi fa fare delle cose che mi piacciono moltissimo: mi ha portato ad alta quota, sai, dove c’è solo neve e un sole abbagliante, un paesaggio di una bellezza mozzafiato. E abbiamo sciato tutto il pomeriggio, e poi mi ha portato al ristorante e in discoteca.

- Ho capito benisimo, Manu: te sei tanto jovene e hai visto ancora poche cose, lui ti fa vedere tante cose nuove e te sei encantado. Lui ti fa fare una vita da principesa.

- Perché principessa? Non ero un principe?

- No, con lui sei proprio una principesa. E poi lui ti fa divertire e te hai tanto bisonho di divertirti, perkè stai facendo una vita pesante: fai tre o quatro lavori per restituire i soldi a tuo pà e a tuo irmùn, pensi al mininu, vai da Antonha, cerchi di prendere una laurea, insoma fai trope cose e questo no va bene per la tua età, perkè a vent’anni uno vuole soprattutto divertirse.

- Forse hai ragione, Mayra, ma c’è gente che a vent’anni va in guerra e mantiene una famiglia, mentre io effettivamente ho bisogno di leggerezza, di divertimento. Sono molto immaturo per la mia età.

- Ma quale guera, no è mica normàl andare in guera alla tua età! Sono i criminali potenti che mandano a morire i joveni: alla tua età è normàl volerse divertire, Manu. Ma vai avanti: eri arivato alla discoteca. E poi cosa è sucesso?

- Poi c’è stata una specie di rissa e io volevo picchiare due imbecilli che lo hanno preso in giro dandogli del vecchio frocio. Mi hanno mandato in bestia.

- Questo va bene, è proprio da òmo vero. E dopo?

- Dopo siamo andati a dormire allo Chalet La Marmotte. È buffo, non trovi? Lui mi chiama sempre marmottino, e ha scelto proprio un albergo con quel nome.

- Perché è enamorado di te. E dopo?

- Calma, ora ci arrivo. C’era una camera sola con due letti singoli, ma il riscaldamento era spento e io avevo un po’ freddo…

- E quindi, con la scusa del fredo, sei entrato nel leto di Janni.

- No, non con la scusa: avevo freddo sul serio.

- Prinsy…

- Okay, hai ragione: era una scusa.

- Te l’ho deto che a me le bujìe non le devi racontare: me ne acorgo subito. Ora jirati, che devo masajiare la parte davanti.

- Non posso, May.

- Perkè?

- Perché sono eccitato, mi vergogno.

- E perkè sei ecitato, Prinsy? Perkè ricordi quela notte?

- No, non credo che sia per quello. Forse il massaggio al sedere, non lo so.

- Il masajio ti ecita invece di rilasarti?

Sbuffo spazientito.

- Mayra, sono cose che succedono, eh: capisco che tu non abbia esperienza di queste cose, ma ti assicuro che ai maschi giovani succedono abbastanza spesso.

- E va ben, ma a me non fa nesun efetto un maskieto come te ecitato. Ho visto di pegio nella vida.

- Ah grazie, è proprio un bel complimento.

- Ma no, volevo dire che siamo solo noi due e che no devi vergonharte: no c’è mica nesun altro che ti vede. Faciamo una cosa: ti meto un bel siugamano pesante sulla pancia e finita lì, l’ecitasione no si vede più.

- Si vede lo stesso, eh! Una specie di montagnola sotto l’asciugamano.

- E va ben, vederemo la montanhola, che problema c’è? Dai, jìrati: eccoti il siugamano, fine del problema.

- Grazie, May.

Mi distendo supino con le braccia dietro la nuca, fissando il soffitto.

- No, le bracia devono stare distese, se no no poso masajiarle.

Distendo le braccia sul letto.

- Eravamo rimasti a te che eri dentro il leto con Janni. E poi cos’è sucesso a quel povero sederoto?

- A lui niente, Mayra.

- Oh ke bella notisia. E perkè?

- Perché in ogni caso non lo avrei voluto neppure io. Sarebbe stata una situazione volgare, assolutamente inadatta a un personaggio come Gianni, anche se…

- Anke se?

- Vabbè, anche se con altri ragazzi lo fa.

- E con te no?

- No, con me no.

- Di sicuro no è che no gli piaci, Manu. Quindi, se no lo fa, è perkè ti rispetta. Ti ama davero.

- Credo di sì. Ad ogni modo io avrei voluto che lui mi facesse… altro, ecco.

- Altro cosa?

- Mayra, abbi pazienza, non è che posso chiamare le cose con il loro nome!

- Ah no? E perkè?

- Perché appena lui lo ha fatto mi sono sembrate bruttissime.

- Sì, è proprio intelijente quel òmo lì, e ti vuole bene, Prinsy: lo ha deto proprio perkè no voleva farlo.

- E così siamo rimasti abbracciati tutta la notte senza fare niente e abbiamo dormito così. Fine della storia.

- È una storia belissima, Manu! Proprio belissima.

- Sì, May, è una storia bellissima, però ora mi sento di merda, perché io quelle cose con lui le avrei fatte. E non sono gay, Mayra, credimi.

- Insomma, un po’ gay mi sa che sì.

- Ma no, non è quello. È che non m’importa il sesso delle persone che mi piacciono. Insomma, diciamo che sono bisex.

- E va ben, paciencia. Ma perché sei triste, se no è sucesso gnente?

- È successo tutto, invece, nella mia mente, e per di più quella notte di castità forzata mi ha fatto capire che ci tengo veramente a lui, e lui a me. Ma non so più come comportarmi con lui, Mayra. Non potremmo stare insieme neppure volendo, anche perché lui ha un compagno da molti anni.

- Ci penserà lui, Manu: è un òmo sajio, sa come comportarsi.

- Forse, ma il problema resta. Sono a disagio con me stesso perché io quelle cose le avrei fatte, capisci? È stato lui a dirmi di no.

- Sì certo che capisco. E capisco anke perkè stai male.

- Davvero lo capisci? Allora dimmelo tu, perché io invece non lo capisco.

- È tropo fàsil da capire, Prinsy: lui ti ha chiuso la porta in facia. In modo jentile, ma te l’ha chiusa. E te l’ha chiusa proprio perkè ti ama. Vedi Manu, quelo che ti fa stare tanto mal è che ogni volta che un òmo o una mujer si enamora di te, scappa sempre. E te rimani solo.

Resto per un attimo sbalordito dalla naturalezza con cui Mayra azzecca le sue diagnosi.

- Sì Mayra, credo che sia proprio come dici tu. L’unica eccezione è stata Arianna: lei ha cercato addirittura di ammazzarmi quando me ne sono andato.

- Lei no ti amava, Manu, ti voleva come una cosa sua: che no è amòr, ma proprio per gnente. È una cosa completamente diversa.

- Lo so: è senso del possesso.

- Ma queli che ti amano, Prinsy, scappano sempre: hanno paura di te, perkè fai stare male. No per colpa tua, eh. È come avere sempre il mal di pancia, alla fine non ne puoi più.

- Mayra, è terribile quello che mi hai detto. Ed è vero: alla fine mi allontanano tutti come se io scottassi o avessi la peste, che ne so.

- La peste no, ma scotare scoti eccome, Prins.

- E tu cosa ne sai, Mayra?

- Lo so, Manu. È fàsil da capire.

- Ma quindi devo restare solo per tutta la vita?

- Ma no che no resti solo: basta esere amigu, come con Carlos e con me.

- Eh grazie, May… Certo, è molto meglio che niente, anzi è una cosa meravigliosa, ma tu non tieni conto del fatto che sono un maschio di vent’anni.

Indica l’asciugamano appoggiato sul mio grembo.

- Vuoi dire che è un problema suo?

- Anche, ma non solo. Amare è una cosa globale, che non coinvolge solo lui.

- Si può amare anche sensa.

E niente, vedo che Mayra è incapace di capire quel tipo di problema. Sospiro e mi armo di pazienza.

- Mayra, scusami, ma non dovresti parlare di cose che non sai: certe esperienze non le hai mai vissute e quindi non puoi sapere come funzionano. Prendi il mio rapporto con Antonia: c’era amore, c’era affetto, c’era sentimento, e c’era anche, com’era normale, un sacco di bellissimo sesso. Un rapporto vero è fatto così. Io non riesco a vivere il sesso come un animale, ho bisogno di avere un rapporto profondo con una persona. Se questo rapporto non c’è, o non c’è più, preferisco farne a meno, perché mi fa sentire sporco. Hai capito adesso?

- Credo che sì. Bon, il masajio è finito: rimettiti la malietta, che fa un po’ frescolino.

- Ma dove lo senti il frescolino? Siamo a giugno, fa un caldo assurdo.

- Rimettila lo stesso, che no va bene che stai a torsolo nudo.

- Torso, May, non torsolo.

Mi infilo la maglietta cercando di nascondere l’ilarità provocatami da quel “torsolo”.

- Mi è venuto sonno: quasi quasi faccio un pisolino.

- Ti sei rilasato alora.

- Sì, mi sono rilassato. Grazie, Mayra.

- Di gnente, Prins. E però, se volevi riposarte, dovevi stacare il telefono: te lo dico sempre…

- Hai ragione. Vabbè, passamelo per favore: magari è qualcosa d’importante.

- E magari no, e ti inervosisci di nuovo.

Sospira e mi porge il cellulare, che sta squillando. Vedo il numero e istintivamente mi drizzo a sedere.

- Pronto.

- Parlo con il vivaio delle marmotte?

- Sì, signore: desidera?

- Ho bisogno di un marmottino di lusso.

Abbasso il tono di voce.

- No, mi spiace, qui abbiamo solo marmotte di seconda scelta.

Lo sento ridere dall’altra parte. Vorrei ridere anch’io, ma Mayra mi fissa dalla soglia e non ne vuol sapere di allontanarsi.

- Non sono solo - gli sussurro.

- Abbiamo compagnia, cucciolo? E con chi sei?

- Con un’amica.

- Ah, allora forse è meglio che ti chiami in un altro momento: qualcosa mi dice che sei a letto.

- Sì, sono a letto, ma da solo.

- In compagnia ma da solo? Rattolino, farnetichi?

- Poi ti spiego, ora non posso.

- E va ben, ho capito. - conclude Mayra, vedendo che taccio e tergiverso - Se hai bisonho di me sono di là.

- Grazie, May, a dopo.

Esce dalla stanza.

Mi distendo supino sul letto e riprendo la conversazione.

- Ero con Mayra, una carissima amica. Ora è uscita, possiamo parlare.

- E cosa ci faceva la tua carissima amica in camera da letto?

- Mi faceva i massaggi.

- Ah, e lo ammetti anche? Che porcello impenitente.

Rido.

- Ma no, Gianni, non è niente di quello che pensi: erano massaggi nel vero senso della parola, di quelli rilassanti. Lei è bravissima a farli.

- Sarà, ma da un soggetto come te c’è da aspettarsi di tutto. Senti, tesoro, ti ho chiamato perché ho una nuova commissione: pagano bene e c’è una grande sorpresa per te.

- Una sorpresa? E cos’è?

- Lo vedrai. Puoi venire da me domani?

- Sì, certo, faccio in modo di liberarmi. Dove andiamo?

- In giro, perché dobbiamo guidare: la commissione è per il lancio della Smart Fortwo.

- E cosa sarebbe?

- Una macchina, amore!

- Fin lì ci ero arrivato: ma che tipo di macchina?

- Una mini car, cioè una superutilitaria ideale per un uso cittadino: è stata realizzata dalla Smart, una joint-venture tra la la Mercedes-Benz e la fabbrica di orologi Swatch.

- Ah sì, credo di averla vista in tv: quel mostriciattolo che sembra un’automobile segata in due.

- Proprio quella, cucciolo, ma la tua definizione è ingiusta e impietosa: è una city car carinissima.

- A me fa schifo. Comunque ok, se ci pagano per questo…

- Ci vediamo domani alle dieci sotto il mio studio, dopodiché ce ne andiamo dritti in collina.

- Ma perché in collina, se è una city car?

- Per contrasto, gioia! Sarebbe troppo ovvio ambientare una city car in città, no?

- Ah già, che sciocco. E dove andiamo esattamente?

- A Montevecchia, a una trentina di chilometri da Milano.

- Perché proprio lì?

- Perché è un posto fantastico, lo vedrai: è in collina, ha una magnifica vista su Milano, un microclima del tutto particolare e ci sono un sacco di animalini estinti come te.

- Io sono estinto?

- Naturale, gioia: sei l’ultimo esemplare di una specie rarissima di marmotta mangiatrice di guacamole, quindi sei estinto.

- Peccato, in fondo mi piaceva esistere. Comunque ho fatto un cucciolo.

- Già, è vero. Ad ogni modo a Montevecchia sopravvivono diverse specie altrove estinte, fra cui la rana di Lataste, per cui dovrebbe fare al caso tuo; c’è anche un santuario longobardo e addirittura delle piramidi celtiche risalenti a più di tremila anni fa.

- Basta così, sono già entusiasta.

- Lo immaginavo. E lo sarai ancora di più quando avrai visto la sorpresa.

- Non vedo l’ora.

- A domani, musetto cucciolo. E non fare troppo il porcellino, mi raccomando.

- Non c’è pericolo, Gianni. A domani.

Riattacco sorridendo e mi appoggio il cellulare sul cuore. Mayra, sentendo che ho finito la telefonata, rientra in camera.

- Ti va un suco di ananas, Manu?

- Sì, grazie, Mayra.

- Te lo porto.

- Vedo che, tanto per cambiare, Bella s’è alzata per seguirti. Ma brava, Bella, sei proprio un cane fedele, non c’è che dire.

Bella, mortificata dal mio rimprovero, torna indietro scodinzolando: le faccio una carezza sulla testa.

- Vai, vai… - le dico magnanimo.

Mayra si volta sulla soglia.

- Comunque, Prinsy, skusami se te lo dico, ma neli ultimi tempi sei diventato proprio siemo.

- Lo so, Mayra.

Sospira ed esce, seguita da Bella.

Chiudo gli occhi con una sensazione di profondissimo benessere e sogno di essere fra le braccia di Gianni a fare quello che abbiamo fatto insieme quella notte: assolutamente niente.

 

 

 

 

martedì 24 giugno 2025

8. Chalet La Marmotte - Parte IV (Addio allo Chalet)

- Coraggio, tesoro, come si chiama questo qualcosa di dolce che vorresti che io ti facessi? Trovagli un nome.

- Non ci riesco, scusami.

- Va bene, allora lo faccio io: vorresti che ti facessi un pompino? O ti accontenti di una sega?

- Gianni, eccheccazzo, ma come ti esprimi? Stai rovinando tutta la poesia del momento!

- Infatti è prosa, angelo mio, non poesia. Preferisci la terminologia scientifica? Vuoi che usi il latino?

- No, grazie, lascia perdere: sarebbe ancora peggio.

- Come ti sembrano adesso quelle cose tanto dolci?

- Sinceramente, Gianni, me le hai fatte sembrare proprio squallide.

- Perché lo sono, tesoro: è bastato pronunciare il loro nome.

- Gianni, non so cosa dire…

- Parliamo dei rapporti omosessuali che hai avuto in passato: come ti sentivi all’inizio?

- Almeno in un caso ero pieno di entusiasmo. Nell’altro è stata una storia strana, che per fortuna si è tradotta in una grande amicizia.

- Sei stato fortunato: evidentemente quest’uomo ti voleva molto bene.

- Sì.

- Però sei stato tu a troncare il rapporto in entrambi i casi, o sbaglio?

- Sì, ho rotto io, oppure ho provocato io la rottura.

- Cosa non ha funzionato in quei rapporti? E quel qualcosa che non ha funzionato è venuto prima o dopo il sesso?

- Dopo.

- Vedi? Ti sei già dato la risposta. Tu non sei fatto per questo genere di esperienze, tesoro mio, per tutto quello che ti sporca e ti porta in basso. La tua anima si ribella e protesta.

- Ma non sono fatto neppure per la mediocrità dei cosiddetti rapporti normali, Gianni: ci ho provato ed è andata malissimo. Con le ragazze che non amo non provo niente neppure fisicamente, mi annoio.

- Ovvio, amore, perché anche quei rapporti ti portano in basso, o meglio, ti ci lasciano: nella materia sei e nella materia resti, non spicchi mai il volo. E l’anima ha bisogno di volare.

- Sì, è proprio così.

- Basterebbe già solo questo per farti capire che non possiamo fare sesso come se niente fosse: tu per me non sei uno da una botta e via, altrimenti non mi farei tutti questi problemi, come non me li sono fatti con altri.

- Ora però mi stai rendendo geloso. Perché con gli altri lo facevi?

- Perché c’è una bestia dentro di me, come dentro chiunque.

- E questa bestia non è attratta da me?

- È attratta eccome, ma la metto a tacere.

- Ma perché, Gianni?

- Perché purtroppo ti amo sul serio.

- E perché dici purtroppo?

- Perché il nostro non può diventare un rapporto stabile: se si potesse lo vorrei con tutto il cuore, ma non è possibile. Ci sono mille ragioni che lo impediscono: la prima è il fatto che sto già con un uomo, che è il mio partner da moltissimi anni.

- Massimiliano?

- Sì. L’ho tradito diverse volte, come del resto lui ha tradito me: oltre tutto lui è bisex, quindi c’è stata anche qualche donna, una grossa umiliazione per me. Però non ci siamo mai lasciati, perché il nostro è un legame profondo. Se stessi con te sarei costretto a lasciarlo, perché tu non sei un’avventura come tante.

- Davvero?

- Davvero. La seconda ragione è la differenza di età, che fra noi due è enorme. Alla tua età non si tiene mai conto di tutta una serie di cose.

- Gianni, a me non importa della differenza di età, sul serio: io amo tutto di te.

- Attento, tesoro: tu non ami me, ami il fatto che io amo te. È molto diverso. Tu hai un disperato bisogno di essere amato, di essere ammirato, di essere visto per quel che sei: io ti vedo esattamente per quel che sei, ed è questo che tu ami, non me.

- No, non è così. In parte è vero quel che dici, ma non è solo questo: io amo ogni tua ruga, soprattutto quelle rughe profonde fra le sopracciglia che ti fanno sembrare sempre incazzato anche quando non lo sei, amo i tuoi capelli un po’ grigi, amo il tuo odore di dopobarba amaro, amo il tuo sorriso, il tuo modo surreale di scherzare, di essere sempre sopra le righe, di sorvolare la realtà come se non ne facessi parte. Tu hai il fascino e la nonchalance di un gentiluomo d’altri tempi, una specie di Oscar Wilde. Io arrivo da una famiglia altolocata, ma tutto sommato borghese: non c’è nessuno che ti assomigli in quell’ambiente, sono tutti rozzi al tuo confronto.

- Grazie di queste bellissime parole, tesoro, ma sai, tutto questo ti piace perché per adesso riesco ancora a stare insieme in qualche modo e a sembrare qualcosa di decente: ma fra pochi anni arriverà il momento in cui dovrò portare la dentiera, avrò un alito pessimo, sarò costretto ad andare in bagno ogni due minuti per la prostatite, oppure a portare il pannolone e altre cose degradanti del genere. Non le sopporteresti, e io non accetterei mai di infliggertele.

- Gianni, se uno ama sopporta anche questo.

- Sopportare non è amare, cucciolo, e io non ho nessuna intenzione di essere sopportato da te. So troppo bene quel che dico, credimi. Vedi, io ho amato alla follia Massimiliano: lui è un po’ più grande di me; io ero uno studente di liceo quando l’ho conosciuto, un ragazzo tutto sommato banale, mentre lui era un meraviglioso barricadero sessantottino con una chioma nera leonina, urlava con il megafono “Vietnam libero”, portava quelle camicie di flanella a quadrettoni che si usavano tra gli alternativi, con sopra l’eskimo, e io ho perso la testa appena l’ho visto: un colpo di fulmine di quelli che ti fanno secco.

- Il tuo Massimiliano mi ricorda un po’ qualcuno.

- Uno dei tuoi ex, suppongo.

- Già.

- Ma ora sono passati tanti anni, lui è ingrassato e imbolsito, ha perso un sacco di capelli, dovrebbe decidersi a mettere la dentiera, è sempre di cattivo umore, ce l’ha con tutto il mondo perché il Sessantotto non ha cambiato un cazzo e dipinge degli orribili quadri buttando delle secchiate di vernice rossa in faccia alle madonne del Quattrocento fiorentino, una roba raccapricciante che esprime semplicemente la sua rabbia e la sua frustrazione. Io al contrario vivo di bellezza, fotografo soggetti come te, chiese e castelli medioevali. Rispetto profondamente la bellezza, non mi permetterei mai di deturparla o ridicolizzarla. A mio parere i suoi quadri fanno schifo, anche se non glielo direi mai. Per fortuna piacciono ai critici: sai, in genere sono una razza di cretini.

- Capisco, Gianni.

- Ad ogni modo gli voglio ancora bene, marmottino, ma solo perché quando l’ho conosciuto era tanto diverso: se lo conoscessi adesso scapperei a gambe levate, e credimi, è terribile dire una cosa del genere di qualcuno che hai amato tanto. Quando lo guardo mi sforzo di rivedere ancora il mio grande amore arrampicato sulle barricate con i suoi magnifici capelli neri al vento e il megafono in mano, ma faccio ogni giorno più fatica a ricordarlo così. Del resto, cosa vuoi, non posso certo lasciarlo adesso che è invecchiato e imbruttito.

- Certo, Gianni, hai perfettamente ragione. Il problema è tutto mio, ed è un problema grosso come una casa.

- Cioè?

- Io ho vissuto il sesso in un modo sublime, e questo mi manca tantissimo. Mi manca soprattutto il fatto di abbandonarmi completamente, come facevo nei primi tempi con quella donna; mi manca il fatto di lasciar vedere cosa ho dentro, di far vedere quello che c’è di bello in me e che emerge soprattutto in quei momenti. O meglio emergeva: è tanto tempo che non succede più. Non riesco più a lasciarmi andare, non voglio che né lei né nessun altro veda quello che ho dentro, ma sento di averne un bisogno disperato.

- Comprendo perfettamente il tuo stato d’animo, pulcino.

- Io speravo… anzi, ero sicuro che con te potesse succedere. Tu sei la persona giusta per apprezzare queste cose e io avrei tanto voluto lasciartele vedere.

- Amore, io sono senza dubbio la persona giusta per apprezzare la tua bellezza. Ma vedi, non ho alcun bisogno di farne la prova materiale: io lo so come sei in quei momenti, non ho bisogno di vederti. So che sei bellissimo. Vedo i tuoi occhi che si perdono, sento i tuoi sospiri, vedo la tua bocca che si apre in un sorriso come se tu stessi varcando la soglia del Paradiso per gettarti fra le braccia di un angelo.

- Sì, mi sento proprio così in quei momenti.

- Ascolta quello che ti dico, tesoro, e non dimenticartelo mai: tu sei giovanissimo, ma un giorno sarai un adulto e ripenserai al tuo passato. Io voglio che tu possa conservare di questo rapporto un ricordo bellissimo. Se adesso noi due riusciamo a starcene abbracciati così in questo letto per tutta la notte, porterai con te per tutta la vita il ricordo di un grande amore. Altrimenti distruggeremo tutto in cambio di qualche momento di piacere.

- Mi sembra di stare vivendo il finale del Simposio di Platone.

- Sì, lo so: la notte di Socrate e Alcibiade, “armi d’oro in cambio di armi di bronzo” eccetera. Ma è proprio così, amore, credimi. E adesso chiudi gli occhi e immagina che quello che desideri stia succedendo proprio adesso. Io ti vedo e ti sento, non sei solo.

- Sì Gianni… sta succedendo… ed è bellissimo…

- Lo so, angelo mio… lo sento.

 

(La mattina dopo, mentre i due camminano sulla neve verso l’automobile)

- Allora, come si sente stamattina il mio marmottino?

- Benissimo: fresco e riposato.

- Anch’io mi sento benissimo, tesoro, perché ora sono sicuro che potremo rivederci. Sarebbe stato un disastro per me non poterti più rivedere.

- Anche per me. Grazie di tutto, Gianni: è stata un’esperienza bellissima.

- Figurati: grazie a te…

(Salgono in macchina e partono)

- Pensa che la prossima settimana sarò di nuovo in Francia per un altro servizio fotografico, questa volta sulla Costa Azzurra, a Juan-Les-Pins. Costumi da bagno.

- Ah sì? E con chi?

- Un paio di maschietti interessanti. Bruni, però: devono essere abbronzati, e con una pelle come la tua ci vogliono settimane per ottenere qualcosa di simile a un’abbronzatura.

- Troverai qualche scusa per fermarti a dormire lì, suppongo.

- Non lo so, può darsi. Dipende dall’ora che faremo.

- Gianni, cazzo…

- Sì, tesoro?

- Ti odio.

- Perché?

- Lascia stare, hai capito benissimo.

- Non preoccuparti, marmottino, non farò quelle brutte cose che stai pensando.

- Ah no?

- No.

- E perché?

- Perché il mio cuore è già impegnato.

- Certo, lo so: con Massimiliano.

- No, amore. Con te. Ma non dirlo a nessuno.

 

venerdì 20 giugno 2025

7. Chalet La Marmotte - Parte III (A letto con Gianni)

(Più tardi, in camera)

- Non ho portato il pigiama ovviamente, la sosta notturna non era prevista. Mi tocca dormire in mutande e maglietta.

- Pure io, tesoro: ce ne faremo una ragione. Del resto le lenzuola sono pulitissime.

- Non è questo, è che mi sento un po’ in imbarazzo con la mia maglietta larga e le mie mutandone: ho addosso i miei soliti boxer di cotone con i paperi azzurri, lo so che sono patetici.

- Ti stanno benissimo, pulcino: fanno un sacco di tenerezza. E poi a te sta bene qualunque cosa.

- Io porto della biancheria intima molto modesta, non ci bado a queste cose. Tu invece hai un intimo molto elegante, maglietta e pantaloncini coordinati, neri con bordini bianco argento.

- Sì, mi piace trattarmi bene. È Calvin Klein.

- Quello per cui avevo fatto il servizio delle mutande?

- Quello.

- Hai un fisico praticamente perfetto, asciutto e muscoloso: non hai un filo di pancia.

- Stai cercando di dirmi in modo gentile che per la mia età sono ancora abbastanza in forma?

- No, sto dicendo che sei in forma in assoluto, non “per la tua età”.

- Cerco di non lasciarmi andare, ragazzo mio.

- Non fa per niente caldo qui dentro: penso che terrò i calzettoni. Mutande larghe e calzettoni di lana, devo essere davvero ridicolo.

- Tutto tranne che ridicolo, credimi. Ora mettiamoci sotto le coperte e buona nanna.

- Va bene, Gianni. Buona notte.

 

(Silenzio)

- Gianni…

- Sì?

- Questo piumone estivo è un po’ troppo leggero, non trovi?

- Sì, fa frescolino.

- Direi freddo: d’accordo che è maggio, ma siamo in alta montagna e il riscaldamento dovrebbero tenerlo acceso anche di notte. Oltre tutto siamo senza pigiama. Pensavo…

- Pensavi?

- Ecco, pensavo che potremmo accostare i lettini e tenerci un po’ caldo a vicenda.

- Hai così freddo, passerotto?

- Sì. E poi mi sento solo.

- Solo? Ma che dici: se siamo qui insieme!

- Solo fisicamente. Mi tratti come un estraneo.

- Non ti tratto affatto come un estraneo: ti tratto come un cucciolo di marmotta che ha bisogno di dormire per svegliarsi domattina bello riposato.

- Sì, ma i cuccioli di marmotta hanno la pelliccia: avremmo dovuto portarci in camera un paio di pellicce, invece di lasciarle tutte in macchina.

- Mi pare che tu stia esagerando un po’.

- Non so che dirti: nonostante i calzettoni ho i piedi gelati.

- Forse hai preso troppo freddo quando ti cambiavi le pellicce a torso nudo a tremila metri. Colpa mia.

- Ma no, non è colpa tua: è che io sono molto freddoloso.

- Non avrai mica un po’ di febbre?

- No, niente febbre: a parte il freddo sto benissimo. Solo un po’ di mal di pancia per via di tutti quegli alcolici. Sono uno stupido, lo so che non dovrei bere così tanto: in passato ho avuto dei problemi abbastanza seri al fegato.

- Epatite da buco, passerotto?

- Gianni…

- Lo immaginavo. Devi stare attento, tesoro, tu sei facile preda di tutte le seduzioni, è facile spingerti a fare cose sbagliate. Perché non me ne hai mai parlato? Ti avrei impedito di bere superalcolici. Comunque, se hai mal di pancia, devi proprio stare al caldo. Senti, i lettini sono abbastanza larghi, quasi una piazza e mezza: non c’è bisogno di accostarli, ci stiamo in due. Dai, vieni qui.

- Davvero posso?

- Ma certo che puoi.

 

(S’infila nel letto di Gianni)

- Ora mi sento molto meglio. Posso stare così o ti dà fastidio?

- Ma certo che puoi, angelo.

 

(Qualche minuto di silenzio)

- Gianni, devo chiederti una cosa.

- Cosa?

- Io non lo so se quello che mi avevi detto era vero. Avevi detto che eri innamorato di me, ma poi te n’eri dimenticato nel giro di poche ore. Insomma, non ci ho capito niente.

- Ho detto una sciocchezza, cucciolo.

- Quale sciocchezza? Che mi amavi?

- No, che me n’ero dimenticato. Ovviamente non ci si può disinnamorare nel giro di poche ore.

- Ma quindi…

- Sì certo tesoro, sono ancora innamorato di te.

- Gianni, io ho l’impressione che tu mi voglia bene davvero, e spero di non sbagliarmi.

- Infatti non ti sbagli: provo per te dei sentimenti piuttosto rari nel loro genere. Non la solita cotta, voglio dire.

- Davvero?

- Davvero.

- Allora voglio che tu sappia una cosa: anch’io li provo per te.

- Questo è molto generoso da parte tua.

- Perché dici generoso? Non c’è bisogno di generosità per amarti: tu sei un uomo speciale, intelligente, attraente, affascinante, colto, spiritoso… Completamente diverso da tutte le altre persone che ho conosciuto. E poi ha quell’ironia surreale che ti rende assolutamente irresistibile.

- L’ironia è necessaria per vivere, angelo mio: se prendi le cose sul serio è finita. È tutto così terribilmente triste e mediocre, tutto talmente grigio… E tu sei un raggio di luce, non posso fare a meno di amarti.

- Mi dici sempre delle cose bellissime, Gianni. Grazie. Non hai idea di quanto io ne abbia bisogno.

- È quello che penso, in tutta sincerità.

 

(Un silenzio)

 

- Gianni, se vuoi, io sono pronto.

- Pronto per cosa?

- Pronto a fare quello che vuoi. Adesso.

- Secondo te io cosa voglio, marmottino?

- Non so… Pensavo… ecco, pensavo che tu desiderassi fare l’amore con me.

- Certo che lo desidero, cucciolo mio: lo sto desiderando con tutto me stesso, e credimi, devo esercitare un notevole autocontrollo per non lasciarmi andare.

- Non devi esercitare nessun autocontrollo, Gianni: lasciati andare.

- Non posso.

- Non puoi? Ma perché?

- Lungi da me fare il moralista, non è nelle mie corde: non è questo il punto. Voglio essere assolutamente sincero con te: non è la prima volta che vengo qui in compagnia di qualche maschietto, ed effettivamente abbiamo fatto sesso.

- Ecco, vedi? Ma allora…

- Attento alle parole che ho scelto, tesoro: io non uso mai le parole a caso. Ho detto che abbiamo fatto sesso. Io con te non ho nessuna intenzione di fare sesso: è una cosa che non ha niente a che fare con quello che provo per te.

- Gianni, non capisco: io ho sempre pensato il contrario, cioè che amare una persona sia la condizione ideale per farci sesso. Anzi, credo che sia proprio l’unica adatta: il sesso senza amore è squallido.

- Senza dubbio, pulcino, ma dipende dalle circostanze: in questo caso, se noi facciamo sesso, distruggiamo tutto e finiremo per non rivederci più. È questo che desideri? Bada, se mi dici di sì ci sta che io ti accontenti, perché anch’io non vorrei rivederti mai più se tu mi dicessi che ti sta bene una cosa del genere, e allora tanto varrebbe farci una memorabile scopata e chiuderla lì.

- No Gianni, assolutamente no. Non so cosa farmene della memorabile scopata, se poi non ci rivediamo più.

- E allora, musetto mio, dobbiamo continuare a stare così, abbracciati e basta.

- Ma perché? Davvero, non capisco il tuo ragionamento. Io lo desidero sul serio, non mi sentirei affatto forzato.

- Cucciolo, lo so che alla tua età hai dei forti istinti sessuali, sarebbe strano il contrario, ma credimi, non è proprio il caso che li sfoghi con me. Meglio da solo in bagno, piuttosto. Ti aspetto qui.

- Ma cosa dici, Gianni? Mi fai vergognare! Io non farei mai una cosa del genere. Non sono mica una bestia, eh, anche se tu continui a paragonarmi a tutti gli animaletti che ti saltano in mente!

- Lo immaginavo, perché di fondo sei candido come un angioletto.

- No, guarda che ti sbagli: in passato ho fatto anche delle cose parecchio sporche. E non è la prima volta che ho un rapporto omosessuale: ne ho già due alle spalle.

- Immaginavo anche questo. Il discorso cade a proposito, poi ne riparliamo.

- Gianni, sul serio, non ho proprio capito perché non posso farlo con te: tu sei l’unica persona con cui lo farei in questo momento. Io ho amato moltissimo una donna, quella dalla quale ho avuto il figlio, ma non riesco più ad amarla, perché lei mi ha umiliato.

- Sarebbe strano il contrario: non si può amare qualcuno che ci umilia.

- Appunto. Le voglio ancora bene, e a dire il vero ci faccio sesso ogni tanto. Fisicamente mi piace, ma ogni volta mi sento sporco.

- Vuol dire che sei sano: sano nell’anima, intendo. È l’anima che ama, non il corpo, e se l’anima vede che il corpo fa delle cose brutte, ci rimane male.

- Sì, è proprio così. Invece tu mi fai sentire speciale e bellissimo, mi sembra di volare quando sto con te: e allora perché è sbagliato fare sesso fra noi due?

- Ascoltami, passerotto: prima ti ho detto che bisogna usare le parole in modo appropriato. Anche tu hai studiato al classico, e quindi lo sai. Le cose vanno sempre chiamate con il loro nome: altrimenti, come insegnano Orwell e Epicuro, si altera completamente la percezione della realtà.

- Sì, lo so.

- E allora da’ un nome alle cose: come si chiama la cosa che vorresti che io ti facessi ora?

- Ecco… sicuramente qualcosa di non violento, non volgare.

- Sforzati di darle un nome, tesoro: come si chiama quel qualcosa di non violento e non volgare?

- Gianni, io… scusami, sono in imbarazzo.

- E poi non mi hai detto cosa vuoi, ma cosa non vuoi: in pratica mi stai dicendo che non vuoi che io abusi del tuo adorabile sederino, o sbaglio?

- No, non sbagli. Non sarebbe proprio in tono con il tuo personaggio, anche se…

- Anche se?

- Be’, suppongo che non sarebbe la prima volta che lo fai, visto che venivi qui con i tuoi amichetti.

- Certamente: l’animale che è in me ha preso spesso il sopravvento. Ma è questo che vuoi?

- No, Gianni: questo degraderebbe la tua immagine ai miei occhi. Mi fa male anche solo pensare a te che fai queste cose con altri ragazzi.

- Perfetto. E allora dimmi cos’altro vorresti che io ti facessi, o cosa vorresti fare tu a me.

- Gianni, dannazione, mi stai mettendo in croce.

- In croce perché? Perché ti costringo a chiamare le cose con il loro nome?

- Sì lo so, hai ragione. Provo a rispondere: io vorrei che tu mi facessi qualcosa di dolce.

- Dolce. Sì, capisco. Ma diamogli un nome, a questo qualcosa di dolce.

- Devo proprio?

- Assolutamente sì, altrimenti non guardi in faccia le cose.