Sono quasi le sette di sera: nella stanzetta attigua all’ufficio, che Mayra ha trasformato in un piccola e graziosa camera da letto singola, c’è una piacevole penombra. Mi sto riposando, o meglio, sto tentando di fare i conti con lo strano marasma che l’esperienza allo chalet con Gianni ha lasciato dentro di me. Mayra mi raggiunge, si butta a sedere sul letto con tutto il suo peso, facendomi rimbalzare per il contraccolpo, ed esordisce seria:
- Prins, dobiamo pensare di più alle piante da jardino: nella parte scoperta ne abiamo ancora tropo poche.
- Lo so, Mayra: ci siamo concentrati di più sulle piante da fiore e da interno, che sono le più veloci da vendere.
- Sì, ma quele mujeres che ci manda la tua mamàn ci chiedono anche piante da metere fuori: oggi la sinhora Bòsoli mi ha chiesto una Mannolia, uno Smanto, un Caprofolio e un Aloropetalo che non so nemeno cos’è: dobbiamo darle una risposta entro domani.
- Allora May, si chiamano Magnolia, Osmanto, Caprifoglio e Loropetalo: dovresti cercare di impararli, i nomi delle piante che coltiviamo nelle serre.
- Ma io le conosco dalla facia, no dal nome.
- Faccia?
- Sì, dalla vista. Alora, cosa le rispondo?
- Dille che me le procuro al più presto: so dove trovarle.
- Poi volevo farti vedere questo catalogo qua con dei fiori nuovi tanto buniti…
Apre il catalogo e me lo appoggia sulle ginocchia. Lo chiudo con fastidio.
- Stasera no, May: scusami, non ne ho proprio voglia. Lo facciamo domani.
Mayra, un po’ delusa, appoggia il catalogo sul comodino e incrocia le mani sulle ginocchia.
- Te hai qualcosa che non va, Manu.
- Ma no, Mayra, ho solo un po’ di sonno.
Mi guarda seria.
- Abiamo fatto un acordo, Prinsy, che no mi devi racontare bujie, perché tanto me ne acorgo.
- E va bene May, è una bugia, lo ammetto, ma non puoi pretendere che io ti parli di tutto, anche delle mie cose strettamente personali.
- Va bene Prins, alora ti lascio solo con i tuoi pensieri e le tue cose stretamente personali. C’è la cane che ti fa companhia, non hai bisonho di me.
Accenna ad alzarsi, ma la trattengo per un polso.
- No, per favore, resta. Anzi, se ne hai voglia, magari fammi un massaggino dei tuoi alla schiena: ho un gran bisogno di rilassarmi.
- D’acordo, prendo l’olio da masajio.
Va in bagno a prendere l’olio profumato che usa per i massaggi, un olio che unge molto poco e che lascia addosso una fragranza deliziosa, quella del Tiarè, nome scientifico Gardenia tahitensis. Mentre mi tolgo la maglietta e mi distendo a pancia in giù penso che dovremmo procurarci anche quella pianta, oltre agli arbusti da esterno chiesti dalla signora Bozzoli. Quella benedetta donna è diventata una delle mie clienti fisse e mi sta portando un bel po’ di soldi, anche se il grosso dei miei guadagni per adesso proviene ancora dalla mia attività di fotomodello a tempo perso. Già, fotomodello. Ripenso a quei due giorni trascorsi allo Chalet La Marmotte: sono stati fra i più belli e intensi della mia vita, e ancora non ho capito perché. Questa attività ridicola è diventata per me una specie di droga, perché a fotografarmi è Gianni e le sue foto mi rivelano a me stesso; mi vedo attraverso i suoi occhi e lui mi vede bellissimo: questo ha generato in me una specie di cortocircuito emotivo; probabilmente, come afferma lui, mi sono innamorato di me stesso, come Narciso. Fatto sta che non riesco più a fare a meno di lui: farmi fotografare da lui è un modo indiretto di fare l’amore, lo sappiamo entrambi, e questa complicità ci lega. Però quella notte io ho veramente desiderato di fare fisicamente l’amore con lui, cioè, stando alla sua teoria, con me stesso. Mi sento terribilmente confuso, e per di più umiliato, perché è stato lui ad impedirmelo, dimostrando una saggezza dalla quale io sono ben lontano. Io l’avrei fatto, perché sono un idiota e ormai il mio cervello è finito in pappa: non mi sono minimamente posto il problema delle conseguenze, non mi sono ricordato che, fra l’altro, sono padre di un bambino, non mi sono ricordato niente di niente. Mi sento come un ragazzino alla sua prima cotta, e questo è assurdo da svariati punti di vista, a maggior ragione perché lui è impegnato con un altro uomo. Sono terribilmente a disagio con me stesso, vorrei scomparire e non farmi più vedere da lui, coltivando la segreta speranza che mi rimpianga per sempre, ma non posso farlo: ho un disperato bisogno di vederlo. Per mia enorme fortuna lui si comporta come se niente fosse accaduto, con quella surreale ironia che lo contraddistingue, alla quale si è aggiunto un tono di benevolo e quasi paterno affetto che un po’ mi rassicura, un po’ mi fa sentire un verme. Ma non posso fare a meno di lui, come del resto lui non può fare a meno di me. Probabilmente ci amiamo, ma non possiamo permettercelo.
D’altra parte per ora, anche se volessi farne a meno (e non voglio), non potrei: è grazie a quell’attività clandestina che sto restituendo a rate il prestito a mio padre e a Michele. Il ricavato delle vendite del vivaio, detratte le spese, mi basta a malapena per pagare lo stipendio a Mayra, che comunque se lo merita in pieno, dato che sta facendo prosperare le mie serre e attira sempre nuovi clienti. Ci sa fare con le signore, le intrattiene, offre loro dolci e caffè con le sue semplici e rilassanti chiacchiere. Ecco sì, rilassante: è questo il termine esatto per definire l’effetto di Mayra sulla gente in generale. Se dovessi paragonarla ad una pianta, la paragonerei alla Cannabis: quando c’è lei ti senti subito meglio.
- Stenditi bene a pancia in jiù - mi dice, iniziando a massaggiarmi le spalle. Mugolo di piacere e di benessere, nonostante il mio disagio interiore.
- Va melio, Manu?
- Molto meglio.
- È da quando sei tornato dalla montanha che sei tuto strano.
- Sì, lo so.
- Non hai volia di racontarmi cosa è sucesso? Forse è peggio che ti tieni tuto dentro.
- Forse. Non lo so, Mayra.
- Se me lo raconti mentre ti masajio, da tranquilo, vedrai che dopo ti sembra tutto più fàsil.
- Può essere. Ora ci penso, May. Tu intanto massaggiami anche più giù, per favore.
- Più giù dove? Sulle gambe? A quele ci arivo dopo.
- Più giù sulla schiena.
- Sul sedere?
- Sì, per favore. Se non ti dispiace. Mi sento tutto teso.
- Figurati se mi dispiace: ci hai un sederoto così bunito.
Mi rifila uno sculaccione.
- Ahia, sei matta?
- E stai jiù, che se no il masajio viene tropo màl.
Mi distendo con il viso appoggiato sulle braccia incrociate e chiudo gli occhi. La tempesta che ho dentro sembra placarsi a poco a poco al ritmo lento e cullante dei movimenti delle mani di Mayra. Tutte le parti del mio corpo si distendono e si rilassano, tranne una. Lì la tempesta perdura, c’è una strana agitazione che dipende da fattori a me non chiari: non è possibile che la cosa dipenda dall’attrazione fisica, perché Gianni mi piace molto come persona, ma non è il suo corpo che mi attrae: nel complesso è un bell’uomo, un uomo di mezza età che porta benissimo i suoi anni, ma di norma non mi sento attratto dai begli uomini, altrimenti mi sentirei attratto prima di tutto da Carlos, che ha tutti i numeri per esercitare una forte attrattiva erotica su chiunque. Io non sono gay nel senso classico del termine, non mi lascio sedurre dalla fisicità maschile, come del resto sono abbastanza indifferente a quella femminile, a meno che dietro la bellezza fisica non ci sia altro: Michelle era bellissima, ma di lei mi affascinava soprattutto la personalità, così diversa da quella di qualsiasi altra donna che io abbia mai conosciuto. Anche nel caso di Gianni, pur così differente, è la personalità ad affascinarmi: di conseguenza non si vede perché a reagire in quel modo debba essere proprio quella parte del mio corpo, anziché il mio cuore o il mio cervello o entrambi. È tutto così incomprensibile che mi sento davvero turbato: mi decido finalmente a parlarne con Mayra, la cui semplicità d’animo e chiarezza di mente mi sono in genere di grande aiuto in questi frangenti. Esordisco a bruciapelo, senza inutili giri di parole.
- Ho passato la notte a letto con un uomo.
Le sue mani si fermano per un attimo sulla mia schiena, ma poi ripartono imperturbate.
- Ah sì, Manu? Non c’è bisonho che mi dici con chi, lo so jà.
- Con Gianni.
- Apunto, lo sapevo jà. Io te l’avevo deto che ti eri enamorado di lui, ma tu ti eri arabiato.
- Mayra, è tutto molto confuso nella mia mente: non so se questa strana cosa si possa chiamare innamoramento.
- E come lo kiami?
- Non lo so, te l’ho detto. Gianni mi piace moltissimo come persona, ma lui dice che mi piace soprattutto il fatto che io gli piaccio e che lui è innamorato di me. Effetto specchio, capisci?
- Sì che capisco: quel òmo è intelijente, ha detto una cosa verisima.
- Però non è solo questo, Mayra: io con lui sto davvero bene. È divertente, spiritoso, colto, affascinante… E mi fa fare delle cose che mi piacciono moltissimo: mi ha portato ad alta quota, sai, dove c’è solo neve e un sole abbagliante, un paesaggio di una bellezza mozzafiato. E abbiamo sciato tutto il pomeriggio, e poi mi ha portato al ristorante e in discoteca.
- Ho capito benisimo, Manu: te sei tanto jovene e hai visto ancora poche cose, lui ti fa vedere tante cose nuove e te sei encantado. Lui ti fa fare una vita da principesa.
- Perché principessa? Non ero un principe?
- No, con lui sei proprio una principesa. E poi lui ti fa divertire e te hai tanto bisonho di divertirti, perkè stai facendo una vita pesante: fai tre o quatro lavori per restituire i soldi a tuo pà e a tuo irmùn, pensi al mininu, vai da Antonha, cerchi di prendere una laurea, insoma fai trope cose e questo no va bene per la tua età, perkè a vent’anni uno vuole soprattutto divertirse.
- Forse hai ragione, Mayra, ma c’è gente che a vent’anni va in guerra e mantiene una famiglia, mentre io effettivamente ho bisogno di leggerezza, di divertimento. Sono molto immaturo per la mia età.
- Ma quale guera, no è mica normàl andare in guera alla tua età! Sono i criminali potenti che mandano a morire i joveni: alla tua età è normàl volerse divertire, Manu. Ma vai avanti: eri arivato alla discoteca. E poi cosa è sucesso?
- Poi c’è stata una specie di rissa e io volevo picchiare due imbecilli che lo hanno preso in giro dandogli del vecchio frocio. Mi hanno mandato in bestia.
- Questo va bene, è proprio da òmo vero. E dopo?
- Dopo siamo andati a dormire allo Chalet La Marmotte. È buffo, non trovi? Lui mi chiama sempre marmottino, e ha scelto proprio un albergo con quel nome.
- Perché è enamorado di te. E dopo?
- Calma, ora ci arrivo. C’era una camera sola con due letti singoli, ma il riscaldamento era spento e io avevo un po’ freddo…
- E quindi, con la scusa del fredo, sei entrato nel leto di Janni.
- No, non con la scusa: avevo freddo sul serio.
- Prinsy…
- Okay, hai ragione: era una scusa.
- Te l’ho deto che a me le bujìe non le devi racontare: me ne acorgo subito. Ora jirati, che devo masajiare la parte davanti.
- Non posso, May.
- Perkè?
- Perché sono eccitato, mi vergogno.
- E perkè sei ecitato, Prinsy? Perkè ricordi quela notte?
- No, non credo che sia per quello. Forse il massaggio al sedere, non lo so.
- Il masajio ti ecita invece di rilasarti?
Sbuffo spazientito.
- Mayra, sono cose che succedono, eh: capisco che tu non abbia esperienza di queste cose, ma ti assicuro che ai maschi giovani succedono abbastanza spesso.
- E va ben, ma a me non fa nesun efetto un maskieto come te ecitato. Ho visto di pegio nella vida.
- Ah grazie, è proprio un bel complimento.
- Ma no, volevo dire che siamo solo noi due e che no devi vergonharte: no c’è mica nesun altro che ti vede. Faciamo una cosa: ti meto un bel siugamano pesante sulla pancia e finita lì, l’ecitasione no si vede più.
- Si vede lo stesso, eh! Una specie di montagnola sotto l’asciugamano.
- E va ben, vederemo la montanhola, che problema c’è? Dai, jìrati: eccoti il siugamano, fine del problema.
- Grazie, May.
Mi distendo supino con le braccia dietro la nuca, fissando il soffitto.
- No, le bracia devono stare distese, se no no poso masajiarle.
Distendo le braccia sul letto.
- Eravamo rimasti a te che eri dentro il leto con Janni. E poi cos’è sucesso a quel povero sederoto?
- A lui niente, Mayra.
- Oh ke bella notisia. E perkè?
- Perché in ogni caso non lo avrei voluto neppure io. Sarebbe stata una situazione volgare, assolutamente inadatta a un personaggio come Gianni, anche se…
- Anke se?
- Vabbè, anche se con altri ragazzi lo fa.
- E con te no?
- No, con me no.
- Di sicuro no è che no gli piaci, Manu. Quindi, se no lo fa, è perkè ti rispetta. Ti ama davero.
- Credo di sì. Ad ogni modo io avrei voluto che lui mi facesse… altro, ecco.
- Altro cosa?
- Mayra, abbi pazienza, non è che posso chiamare le cose con il loro nome!
- Ah no? E perkè?
- Perché appena lui lo ha fatto mi sono sembrate bruttissime.
- Sì, è proprio intelijente quel òmo lì, e ti vuole bene, Prinsy: lo ha deto proprio perkè no voleva farlo.
- E così siamo rimasti abbracciati tutta la notte senza fare niente e abbiamo dormito così. Fine della storia.
- È una storia belissima, Manu! Proprio belissima.
- Sì, May, è una storia bellissima, però ora mi sento di merda, perché io quelle cose con lui le avrei fatte. E non sono gay, Mayra, credimi.
- Insomma, un po’ gay mi sa che sì.
- Ma no, non è quello. È che non m’importa il sesso delle persone che mi piacciono. Insomma, diciamo che sono bisex.
- E va ben, paciencia. Ma perché sei triste, se no è sucesso gnente?
- È successo tutto, invece, nella mia mente, e per di più quella notte di castità forzata mi ha fatto capire che ci tengo veramente a lui, e lui a me. Ma non so più come comportarmi con lui, Mayra. Non potremmo stare insieme neppure volendo, anche perché lui ha un compagno da molti anni.
- Ci penserà lui, Manu: è un òmo sajio, sa come comportarsi.
- Forse, ma il problema resta. Sono a disagio con me stesso perché io quelle cose le avrei fatte, capisci? È stato lui a dirmi di no.
- Sì certo che capisco. E capisco anke perkè stai male.
- Davvero lo capisci? Allora dimmelo tu, perché io invece non lo capisco.
- È tropo fàsil da capire, Prinsy: lui ti ha chiuso la porta in facia. In modo jentile, ma te l’ha chiusa. E te l’ha chiusa proprio perkè ti ama. Vedi Manu, quelo che ti fa stare tanto mal è che ogni volta che un òmo o una mujer si enamora di te, scappa sempre. E te rimani solo.
Resto per un attimo sbalordito dalla naturalezza con cui Mayra azzecca le sue diagnosi.
- Sì Mayra, credo che sia proprio come dici tu. L’unica eccezione è stata Arianna: lei ha cercato addirittura di ammazzarmi quando me ne sono andato.
- Lei no ti amava, Manu, ti voleva come una cosa sua: che no è amòr, ma proprio per gnente. È una cosa completamente diversa.
- Lo so: è senso del possesso.
- Ma queli che ti amano, Prinsy, scappano sempre: hanno paura di te, perkè fai stare male. No per colpa tua, eh. È come avere sempre il mal di pancia, alla fine non ne puoi più.
- Mayra, è terribile quello che mi hai detto. Ed è vero: alla fine mi allontanano tutti come se io scottassi o avessi la peste, che ne so.
- La peste no, ma scotare scoti eccome, Prins.
- E tu cosa ne sai, Mayra?
- Lo so, Manu. È fàsil da capire.
- Ma quindi devo restare solo per tutta la vita?
- Ma no che no resti solo: basta esere amigu, come con Carlos e con me.
- Eh grazie, May… Certo, è molto meglio che niente, anzi è una cosa meravigliosa, ma tu non tieni conto del fatto che sono un maschio di vent’anni.
Indica l’asciugamano appoggiato sul mio grembo.
- Vuoi dire che è un problema suo?
- Anche, ma non solo. Amare è una cosa globale, che non coinvolge solo lui.
- Si può amare anche sensa.
E niente, vedo che Mayra è incapace di capire quel tipo di problema. Sospiro e mi armo di pazienza.
- Mayra, scusami, ma non dovresti parlare di cose che non sai: certe esperienze non le hai mai vissute e quindi non puoi sapere come funzionano. Prendi il mio rapporto con Antonia: c’era amore, c’era affetto, c’era sentimento, e c’era anche, com’era normale, un sacco di bellissimo sesso. Un rapporto vero è fatto così. Io non riesco a vivere il sesso come un animale, ho bisogno di avere un rapporto profondo con una persona. Se questo rapporto non c’è, o non c’è più, preferisco farne a meno, perché mi fa sentire sporco. Hai capito adesso?
- Credo che sì. Bon, il masajio è finito: rimettiti la malietta, che fa un po’ frescolino.
- Ma dove lo senti il frescolino? Siamo a giugno, fa un caldo assurdo.
- Rimettila lo stesso, che no va bene che stai a torsolo nudo.
- Torso, May, non torsolo.
Mi infilo la maglietta cercando di nascondere l’ilarità provocatami da quel “torsolo”.
- Mi è venuto sonno: quasi quasi faccio un pisolino.
- Ti sei rilasato alora.
- Sì, mi sono rilassato. Grazie, Mayra.
- Di gnente, Prins. E però, se volevi riposarte, dovevi stacare il telefono: te lo dico sempre…
- Hai ragione. Vabbè, passamelo per favore: magari è qualcosa d’importante.
- E magari no, e ti inervosisci di nuovo.
Sospira e mi porge il cellulare, che sta squillando. Vedo il numero e istintivamente mi drizzo a sedere.
- Pronto.
- Parlo con il vivaio delle marmotte?
- Sì, signore: desidera?
- Ho bisogno di un marmottino di lusso.
Abbasso il tono di voce.
- No, mi spiace, qui abbiamo solo marmotte di seconda scelta.
Lo sento ridere dall’altra parte. Vorrei ridere anch’io, ma Mayra mi fissa dalla soglia e non ne vuol sapere di allontanarsi.
- Non sono solo - gli sussurro.
- Abbiamo compagnia, cucciolo? E con chi sei?
- Con un’amica.
- Ah, allora forse è meglio che ti chiami in un altro momento: qualcosa mi dice che sei a letto.
- Sì, sono a letto, ma da solo.
- In compagnia ma da solo? Rattolino, farnetichi?
- Poi ti spiego, ora non posso.
- E va ben, ho capito. - conclude Mayra, vedendo che taccio e tergiverso - Se hai bisonho di me sono di là.
- Grazie, May, a dopo.
Esce dalla stanza.
Mi distendo supino sul letto e riprendo la conversazione.
- Ero con Mayra, una carissima amica. Ora è uscita, possiamo parlare.
- E cosa ci faceva la tua carissima amica in camera da letto?
- Mi faceva i massaggi.
- Ah, e lo ammetti anche? Che porcello impenitente.
Rido.
- Ma no, Gianni, non è niente di quello che pensi: erano massaggi nel vero senso della parola, di quelli rilassanti. Lei è bravissima a farli.
- Sarà, ma da un soggetto come te c’è da aspettarsi di tutto. Senti, tesoro, ti ho chiamato perché ho una nuova commissione: pagano bene e c’è una grande sorpresa per te.
- Una sorpresa? E cos’è?
- Lo vedrai. Puoi venire da me domani?
- Sì, certo, faccio in modo di liberarmi. Dove andiamo?
- In giro, perché dobbiamo guidare: la commissione è per il lancio della Smart Fortwo.
- E cosa sarebbe?
- Una macchina, amore!
- Fin lì ci ero arrivato: ma che tipo di macchina?
- Una mini car, cioè una superutilitaria ideale per un uso cittadino: è stata realizzata dalla Smart, una joint-venture tra la la Mercedes-Benz e la fabbrica di orologi Swatch.
- Ah sì, credo di averla vista in tv: quel mostriciattolo che sembra un’automobile segata in due.
- Proprio quella, cucciolo, ma la tua definizione è ingiusta e impietosa: è una city car carinissima.
- A me fa schifo. Comunque ok, se ci pagano per questo…
- Ci vediamo domani alle dieci sotto il mio studio, dopodiché ce ne andiamo dritti in collina.
- Ma perché in collina, se è una city car?
- Per contrasto, gioia! Sarebbe troppo ovvio ambientare una city car in città, no?
- Ah già, che sciocco. E dove andiamo esattamente?
- A Montevecchia, a una trentina di chilometri da Milano.
- Perché proprio lì?
- Perché è un posto fantastico, lo vedrai: è in collina, ha una magnifica vista su Milano, un microclima del tutto particolare e ci sono un sacco di animalini estinti come te.
- Io sono estinto?
- Naturale, gioia: sei l’ultimo esemplare di una specie rarissima di marmotta mangiatrice di guacamole, quindi sei estinto.
- Peccato, in fondo mi piaceva esistere. Comunque ho fatto un cucciolo.
- Già, è vero. Ad ogni modo a Montevecchia sopravvivono diverse specie altrove estinte, fra cui la rana di Lataste, per cui dovrebbe fare al caso tuo; c’è anche un santuario longobardo e addirittura delle piramidi celtiche risalenti a più di tremila anni fa.
- Basta così, sono già entusiasta.
- Lo immaginavo. E lo sarai ancora di più quando avrai visto la sorpresa.
- Non vedo l’ora.
- A domani, musetto cucciolo. E non fare troppo il porcellino, mi raccomando.
- Non c’è pericolo, Gianni. A domani.
Riattacco sorridendo e mi appoggio il cellulare sul cuore. Mayra, sentendo che ho finito la telefonata, rientra in camera.
- Ti va un suco di ananas, Manu?
- Sì, grazie, Mayra.
- Te lo porto.
- Vedo che, tanto per cambiare, Bella s’è alzata per seguirti. Ma brava, Bella, sei proprio un cane fedele, non c’è che dire.
Bella, mortificata dal mio rimprovero, torna indietro scodinzolando: le faccio una carezza sulla testa.
- Vai, vai… - le dico magnanimo.
Mayra si volta sulla soglia.
- Comunque, Prinsy, skusami se te lo dico, ma neli ultimi tempi sei diventato proprio siemo.
- Lo so, Mayra.
Sospira ed esce, seguita da Bella.
Chiudo gli occhi con una sensazione di profondissimo benessere e sogno di essere fra le braccia di Gianni a fare quello che abbiamo fatto insieme quella notte: assolutamente niente.