martedì 8 luglio 2025

2.1. Il rustico (Ma che voce ha la tua ragazza?)

- Allora, cosa te ne pare?

- Mi stai dicendo che abbiamo fatto tutti questi chilometri per venire a vedere questo… - esito, non volendo definirlo in modo troppo dispregiativo - questo edificio?

- Certo!

Il rustico, o per meglio dire il rudere, si erge nel centro del paese, in posizione elevata, su una specie di piattaforma rocciosa circondata da una vegetazione indefinibile fatta di rovi e cespugli. Lo osservo incredulo.

- Ne valeva la pena, no?

- In che senso ne valeva la pena?

Bruno sbotta, spazientito:

- Ma che fine ha fatto il tuo intuito? Non vedi le potenzialità di questo rustico in centro paese?

- Che sia in centro paese non lo metto in dubbio, Bruno, ma quale paese?

- Come, quale? Quello dove ci troviamo: Pàllare, in provincia di Savona! O per caso ti sei addormentato a metà strada?

- No, Bruno, ero ben sveglio: anche se avessi voluto addormentarmi, sul tuo Galloper, con tutti quei tornanti presi agli ottanta all’ora, non ci sarei riuscito.

- Hai avuto un po’ di strizza, eh?

- Eh, a volte un po’ sì.

- Il mio Galloper… galoppa! E io, come ti ho già detto, sono stato un campione di motocross e me la cavavo anche come pilota di rally.

- Me ne sono accorto, altrimenti saremmo finiti in un burrone.

- E poi non hai visto che fantastici paesaggi? Da Ceva in poi sono tutti boschi che sembra quasi di essere in Canada! Boschi di conifere e castagni, il paradiso dei cercatori di funghi.

- Sì, questo sì: devo ammettere che il paesaggio è bellissimo, molto verde, almeno nella parte cuneese; in quella ligure è più brullo. Ma torniamo a noi: dunque ci troviamo a Pallare, in provincia di Savona: e questo dovrebbe costituire un pregio per l’immobile?

- Ragazzo mio, lasciatelo dire, hai perso lo smalto: certo che costituisce un pregio. Pallare si trova a mezz’ora di macchina da Vado Ligure!

- Mezz’ora non è pochissimo per arrivare al mare, eh! Comunque te lo concedo, la cosa può rappresentare un vantaggio. Ma è sufficiente per compensare gli svantaggi?

- Quali svantaggi?

- Bruno, porca miseria, in questo rustico non c’è niente di niente e credo che non ci sia mai stato niente: non vedo traccia di impianti di sorta. Manca la corrente elettrica, manca l’acqua potabile, manca l’allaccio alla fognatura…

- Qui si usano ancora le fosse biologiche.

- Okay, allora manca la fossa biologica.

- E c’è una sorgente a pochi passi: l’acqua è ottima.

- Ma non scherziamo: come ti lavi, vai a prendere l’acqua con le caraffe e la versi nelle bacinelle? Fredda, poi! Non è come avere l’acqua corrente, eh!

- Una volta si faceva così: l’acqua si scaldava sul putagè.

- Bruno, per favore, smetti di sognare i tempi di tua nonna e torna in te. Insomma, qui manca assolutamente tutto e il rustico è completamente da ristrutturare.

- Ma ragazzo, non capisci che è proprio questo il suo bello? Siamo in presenza di una struttura interamente in pietra locale che non ha mai subìto alterazioni di sorta, cioè si trova allo stato originale! Una vera rarità. Probabilmente risale al sei-settecento, forse anche prima. Se ne potrebbe ricavare un edificio magnifico!

Sospiro, cercando di non perdere la calma. Sono diventato insofferente e poco tollerante da quando ho rotto in quel modo drammatico con Gianni. Amavo quell’uomo e mi fidavo di lui: la separazione è stata brutale, mi brucia come una ferita che non vuol saperne di rimarginarsi. Cerco di lenirla riempiendo le mie giornate di cose belle e degli affetti che per fortuna ho, dell’amicizia di Carlos, delle attenzioni premurose di Mayra, della frequentazione trisettimanale di Antonia e Martino, delle visite alla mia famiglia, della festosa presenza di Bella. Ma ho un dolore continuo allo sterno, e se non ricordo male, dietro lo sterno c’è il cuore. Gianni mi manca da morire, ma per nessuna ragione al mondo tornerei a cercarlo dopo che mi ha offeso a morte cercando di mandarmi a letto con Aaron. Non rispondo al telefono quando mi cerca, il che accade quasi tutti i giorni. Mi lascia dei messaggi disperati in segreteria: li ascolto e li cancello, senza mai rispondere. Prima o poi si stuferà, e quel giorno, lo so già, soffrirò come un cane. Ma il mio cuore ha subìto una ferita mortale quando l’uomo che amavo ha cercato di spingermi fra le braccia di un altro come se io fossi una prostituta da strada. Non si tratta di orgoglio ferito: cercando di mandarmi a letto con un altro, Gianni ha dimostrato di non amarmi affatto, ed è questo che mi ha colpito a morte. Io credevo che lui mi amasse, in un certo senso lo davo per scontato, e vivevo cullato da questa dolce fiducia, come un bambino piccolo: scoprire che non era così è stato uno shock per me. Perciò continuerò a soffrire in silenzio, ma no, non lo perdonerò.

Neppure la simpatia di Bruno riesce a lenire il fastidio di vivere che provo quotidianamente: gli sono affezionato, ma ultimamente ha idee sempre più stravaganti sugli edifici e seguirlo nei suoi vagabondaggi in cerca di “occasioni immobiliari” mi sta diventando pesante, anche se mi distrae. Ma non è colpa sua, povero Bruno: il fatto è che mi pesa tutto, quando sono in questo stato d’animo. Cerco di addolcire il mio tono di voce per non offenderlo e gli rispondo con calma:

- Bruno, sono d’accordo: se ne potrebbe senza dubbio ricavare un edificio spettacolare. Per esempio, queste arcate potrebbero diventare un magnifico loggiato, e le volte a crociera della sala centrale sono di una rara bellezza.

- Oh ecco, vedo che finalmente ragioni!

- Sì, ma abbi pazienza: quanto verrebbe a costare tutto questo?

- Eh, un bel po’ di soldi, ma sai perfettamente che dispongo di maestranze albanesi a basso costo, gente che sa il fatto suo.

- E che verrebbe a lavorare fin qui? Dormendo dove? Mangiando dove? E a spese di chi?

- Be’, questo in effetti è un piccolo problema.

- No, non è un piccolo problema: è un problema enorme. Oppure pensi che debbano fare su e giù da Castelnuovo a Pallare tutti i santi giorni? E la benzina e l’autostrada chi gliele paga?

Finalmente la baldanza di Bruno incomincia a vacillare di fronte alle mie considerazioni di semplice buon senso. Non riesco a capire come un uomo così lucido e concreto, capace di concludere affari vantaggiosissimi, possa letteralmente perdere la testa di fronte a certi edifici: mi dice sempre che non bisogna innamorarsi delle case, ma è lui il primo a farlo. Ed è difficile farlo desistere da questi innamoramenti improvvisi e fatali. Del resto non posso biasimarlo: so bene quanto sia difficile desistere da un amore.

- Bruno, - proseguo con dolcezza - tu sai quanto ti sono grato per quello che stai facendo per me: solo con la vendita della casetta di Berzano ho guadagnato, grazie a te, più di quello che guadagno in due mesi con il vivaio. Però quando sbagli devo pur dirtelo.

- Sbaglio in che senso? - tenta ancora di fingere Bruno, guardando con occhi rapiti le volte a crociera.

- Nel senso che mai e poi mai riusciresti a recuperare i soldi che ci spendi.

- Costa poco: me la porto via con venti milioni.

- Sì, ma poi ne spendi duecento per ristrutturarla, pagare vitto e alloggio ai tuoi albanesi, chiedere i permessi per tutti gli allacciamenti, sperando che te li concedano, pagare gli oneri di urbanizzazione e via dicendo. Alla fine, a quanto dovresti venderla, non dico per guadagnarci, ma per recuperare i tuoi soldi?

- Eh lo so… dovrei venderla un po’ cara… ma d’altra parte è a mezz’ora dal mare.

- Ed è qui che ti sbagli: se fosse a mezz’ora dal mare, ma con la vista del mare, allora potrebbe avere un senso affrontare una spesa del genere; ma qui siamo in centro paese e non vediamo nient’altro che le case del paese e un pezzo di bosco. Quindi la casa, per bella che sia, non potrà mai valere i soldi che ci spenderesti.

Bruno tentenna.

- Oltre tutto non ha neanche un parcheggio - incalzo, spietato.

- Ma c’è quel bellissimo spiazzo a poca distanza, dove abbiamo parcheggiato, e poi qui non c’è mai troppa gente, neppure d’estate.

- Lo so, ma non è come avere un parcheggio privato. Una villa che si rispetti deve avere un parcheggio privato. E poi, se non c’è gente neppure d’estate, vuol dire che come località di vacanza non è molto gettonata, no?

Ho vinto la partita, glielo leggo in faccia: provo un senso di sollievo, perché ho evitato al mio amico un’avventura suicida, in cui lui si sarebbe gettato con l’entusiasmo cieco degli innamorati.

- Mi sa che hai ragione te - ammette mogio.

- Credo di sì.

- E allora cosa siamo venuti fin qui a fare? Ti ho fatto solo perdere tempo…

Sorrido e gli batto una mano sulla spalla.

- Ma no, Bruno! Prendiamola come una piccola vacanza: mi ha fatto molto piacere accompagnarti in gita.

- Te sei diventato la mia coscienza critica, ragazzo!

- È un complimento che non merito. Diciamo che io effettivamente non m’innamoro delle case, ecco tutto.

- Già.

Il cellulare di Bruno squilla.

- Scusa un momento. Sì, Patrizia, cosa c’è? Ma cosa mi telefoni a fare per dirmi certe cretinate? Mao e Pippo hanno litigato nei fili del computer e li hanno ingarbugliati? E chissenefrega! Ah… hanno fatto un cortocircuito? E chiama l’elettricista, no?

Bruno riattacca il telefono in faccia alla povera Patrizia, che sta ancora protestando.

- Patrizia santa subito - commento con un sorriso.

- Macché santa! È una rompiscatole. Brava però, eh: come segretaria non c’è niente da dire. Comunque adesso è già mezzogiorno: dobbiamo mettere qualcosa sotto i denti, non voglio farti anche restare digiuno.

- Sì, mangiare qualcosa potrebbe essere un’idea.

- Che ne diresti di pranzare in un autogrill sulla Torino-Savona? Ne conosco uno dalle parti di Mondovì dove si mangia bene e si sta seduti comodi ai tavoli.

- Perfetto: però allora dobbiamo rimetterci subito in viaggio, altrimenti rischiamo di trovare il ristorante dell’autogrill già chiuso.

- Non è un problema: con il mio Galloper…

Mi affretto a smentire tutto quello che ho appena detto.

- Non c’è nessuna fretta, Bruno: in un’oretta ci arriviamo, a Mondovì.

- Paura, eh?

- No, figurati. È solo che mi piace viaggiare tranquillo. E poi odio la Torino-Savona: non per niente la chiamano “autostrada della Morte”. Bisogna andare piano.

- Sì, lo so: ci sono morti tre miei amici, purtroppo. La stanno raddoppiando un po’ per volta, quella maledetta autostrada, ma non hanno ancora finito. Dai, andiamo.

Torniamo allo spiazzo semierboso dove abbiamo parcheggiato. Prima di salire a bordo del Galloper lancio un ultimo sguardo di saluto al rudere, che certamente non rivedrò mai più. Non mentivo, comunque, quando dicevo a Bruno che è stata una bella giornata: lo è stata, tutto sommato, nonostante l’inconcludenza del viaggio; ho visto dei bei posti, che non conoscevo, e mi sono rilassato in compagnia di Bruno, ascoltando le sue chiacchiere incessanti che mi hanno piacevolmente rintronato per tutto il viaggio di andata, facendomi dimenticare la mia malinconia. Ora invece il mio amico è silenzioso, un po’ immusonito: ha dovuto rinunciare ad uno dei suoi sogni d’amore ed è visibilmente deluso.

Il buonumore gli ritorna di colpo di fronte ad un paio di ottime portate che abbiamo ordinato al self-service dell’autogrill, accompagnate da un paio di birre alla spina: lui ha scelto una bistecca con patate fritte, io ho optato per una parmigiana di melanzane. Mentre mangia di buon appetito, Bruno ricomincia subito a prospettarmi nuovi affari.

- Ho scoperto una serie di casette rustiche, tutte con un pezzo di giardino, subito dietro la collina di Albugnano: che te ne pare?

- Caspita, fantastico: questo può davvero essere interessante, anche perché i tuoi operai albanesi sarebbero sul posto in cinque minuti.

- Infatti. Appena hai un momento di tempo te le faccio vedere: sono quattro, tutte attaccate tipo villette a schiera, ma la quarta è libera su tre lati, quindi quasi indipendente. Sono da ristrutturare, ma i muri sono sani. La mia intenzione è di ristrutturare solo l’essenziale, tetto, impianti e intonaco giallo Piemonte fatto con la sabbia di Piea, che è gialla di suo, e poi venderle così come stanno a qualcuno che abbia pochi soldi ma voglia permettersi lo stesso una casetta con giardino in collina: poi se la finisce con comodo, ma potendo già permettersi di abitarci.

- Ecco, questa sì che è una buona idea. Le vedrò con piacere.

Bruno, soddisfatto della mia risposta, accenna a un brindisi con il suo boccale di birra: ricambio il gesto. Ci mettiamo a mangiare e non parliamo più.

Sono ormai le quattro del pomeriggio quando arriviamo in vista del casello autostradale. Mentre Bruno paga il pedaggio e riparte, diretto verso Castelnuovo, il mio cellulare squilla. Dò un’occhiata al display e non rispondo.

- Non rispondi? - mi chiede Bruno.

- No.

- E non spegni?

- No.

- Ma perché, scusa?

Non posso ovviamente dirgli la verità, e cioè che si tratta di un modo per tenere sulla graticola un uomo che mi ha fatto soffrire moltissimo. Decido di fornirgli una spiegazione che possa sembrargli plausibile.

- Ho litigato con la mia fidanzata, e quindi la lascio chiamare senza rispondere.

- Ah. Ti stai vendicando?

- Sì.

- Ti ha fatto le corna, eh?

- No, non propriamente.

- Cosa vuol dire non propriamente? O ti ha fatto le corna o non te le ha fatte!

- Non me le ha fatte. Però mi ha trattato in modo molto offensivo, e io non intendo perdonarla.

Bruno mi molla una pacca sulla coscia.

- Fai bene, ragazzo! Così si comporta un vero uomo.

Sorrido: la definizione di “vero uomo”, applicata ad un rapporto omosessuale, non è delle più appropriate. Però in fondo perché no? Uno può comportarsi da vero uomo anche con un altro uomo.

Finalmente il cellulare smette di squillare. Sento il caratteristico bip che annuncia l’arrivo di un messaggio in segreteria.

- Deve averti lasciato un messaggio, quella poveretta - commenta Bruno.

- Può darsi.

- Ma ascoltalo, no?

Con un sospiro porto il cellulare all’orecchio e premo il tasto della segreteria telefonica. Mi raggiunge una voce melodrammatica, ansimante, incrinata dall’angoscia.

- Emmanuel… io davvero… io non so più come chiederti scusa. Rispondimi, per favore! Dimmi qualcosa, fammi sentire la tua voce… Mi stai facendo stare da cani… Ti scongiuro, richiamami!

Riattacco.

Gianni strillava così forte che Bruno deve avere sentito tutto. Non dico niente. Per un po’ neppure Bruno parla, ma poi non ce la fa a stare zitto.

- Ma lo sai che la tua ragazza ha una voce da finocchio? - sbotta.

Scoppio a ridere.

- Lo so, Bruno: glielo dico sempre anch’io che ha una voce bruttissima.

- Ma proprio brutta, eh. Sembra un gay!

- Hai ragione, Bruno, sembra proprio un gay. Del resto è piuttosto mascolina anche come aspetto fisico.

- Davvero?... Ah be’, c’è a chi piace quel tipo di donna. Sai, quelle che sembrano un po’ dei viados…

- Sì, ho presente. Ma la mia ragazza non è così: è un tipo fine.

- Un tipo fine con quella voce?

- Sì, molto fine, anche se un po’ mascolina.

- Comunque la stai facendo impazzire, quella povera ragazza: era proprio disperata, si sentiva.

- Peggio per lei, se lo merita.

- Tu sai come trattarle le donne, eh, Manuèl?

- Veramente no, le donne mi hanno sempre dato buca. Una, poi, ha cercato di ammazzarmi.

- Davvero?

- Eh sì, davvero.

- Ma cosa le avevi fatto di così terribile?

- Avevo deciso di lasciarla.

- E per quello ti voleva ammazzare? Ma era matta? Allora io dovrei essere morto almeno dieci volte! Ne ho prese e lasciate almeno una ventina, di donne: dopo un po’ mi vengono a noia, non le sopporto più.

- Io non ho fortuna con le donne. Detto fra noi, mi converrebbe diventare gay.

Bruno, interdetto, non sa cosa replicare. Poi bofonchia:

- Mah insomma, non lo so mica se ti converrebbe. Non che le donne siano gran che, salvo eccezioni, ma per andarci a letto sono meglio dei maschi.

- Scherzo. Ovviamente è impossibile diventare gay, per un etero.

- Ah ecco, volevo ben dire. E cerca di farci la pace, con quella poveretta: avrà pure una voce da frocio, ma si sente che ci tiene a te.

Sorrido e gli dò una pacca sulla mano, appoggiata sulla leva del cambio.

- Grazie della bellissima giornata, Bruno.

- Figurati! Grazie a te, Manuelito.

Si concentra sulla guida, ma dopo qualche secondo sbotta:

- In ogni caso, se ti saltasse in mente di diventare gay, non contare su di me!

Rido di cuore.

Divertito dalla sua stessa battuta, scoppia a ridere anche lui.

 

 

 

 

 

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