lunedì 16 giugno 2025

6. Chalet La Marmotte - Parte II (Incidente in discoteca)

(Più tardi, al pub-discoteca. Chiacchiere, rumore di ristorante e musica).

 

- Pour moi, une bière rousse, peut-être une Bulldog si vous en avez une, et du fish and chips avec un peu de sel et de vinaigre. Pour le garçon, des nachos avec du guacamole et du cheddar fondu, pas de bacon s'il vous plaît, car il est végétarien, des frites avec du ketchup et une Golden Ale.

- Gianni, ti giuro, mi fai sentire un rozzo imbecille al tuo confronto.

- Tu non sei nulla di simile ad un rozzo imbecille, gioia: sei semplicemente ruspante, come si addice alla tua specie.

- Oh insomma, in definitiva non sono una marmotta.

- Dici? Ti assicuro che l’illusione ottica sulla neve, con quelle pellicce, era perfetta.

- Non ho capito cosa mi hai ordinato: fino ai nachos ci sono arrivato, ma poi mi sono perso.

- Ho ordinato l’unico piatto del menu che potesse andare bene per un rattolino vegetariano: nachos, i chips di mais tipici della cucina tex-mex, buoni ma un po’ poveri, accompagnati da una fonduta di cheddar, un ottimo formaggio inglese a pasta dura, e del guacamole, una salsa messicana a base di avocado, succo di lime, sale e peperoncino verde. Altrimenti saresti uscito di qui con il pancino quasi vuoto, tesoro, il che per un ragazzone di vent’anni di uno e novanta che ha sciato per tutto il pomeriggio non è il massimo.

- Favoloso, Gianni! Non vedo l’ora di assaggiare tutta quella roba.

- E niente, sei proprio Alice tu.

- Non posso essere lo Stregatto?

- No amore, perché lo Stregatto è uno che la sa lunga, e tu invece sei di un candido che fa paura.

- Candido?

- Dai su, mangia.

 

(Più tardi)

 

- Buonissima questa roba, soprattutto la salsa.

- Mi fa piacere: vedo che mangi come un lupetto.

- La gente sta incominciando a ballare.

- Vedo, tesoro: e noi lasciamoli ballare. Dopo tutto siamo in discoteca.

- A te non piace ballare?

- Non troppo. Mi piaceva un po’, una volta.

- Ho ancora sete: ordino un’altra birra.

- È già la terza.

- Saranno i nachos: erano un po’ salati.

- Per fortuna non soffri di prostatite, topolino.

- Eh no, è un po’ presto per quei malanni.

- Beato te.

 

(Musica, rumori di discoteca).

 

- È pieno di italiani qui dentro, a giudicare dai discorsi che sento.

- Sì, le Deux-Alpes sono una meta frequentatissima dagli sciatori italiani.

- Gianni, senti? Suonano la nostra canzone.

- Nostra in che senso?

- Suonava alla radio quel giorno che abbiamo litigato e poi tu sei tornato a cercarmi.

- Ah sì, quella volta. Avevo un po’ perso il controllo.

- Ma poi mi hai detto delle cose adorabili. Andiamo a ballare?

- No, cucciolo, figurati se vengo a ballare. Vacci tu, se vuoi.

- Gianni, ti prego… Non farti tirare.

- E tu non tirarmi.

- Te lo chiedo per favore.

- Ci tieni così tanto?

- Tantissimo. Questa canzone mi smuove qualcosa dentro.

- Mi sa che sono le tre birre a smuoverti quel qualcosa, tesoro. E va bene, se proprio ci tieni scendo in pista, ma guai se ridi di me.

- Figurati se rido di te, Gianni. Vieni, dai.

 

(Ballano)

 

- Mettici più impegno, Gianni: questo ritmo richiede più lavoro di fianchi e di bacino… Così, vedi?

- Ragazzo, ti stanno guardando tutti, non so se ti rendi conto: sei di un sexy che fa quasi schifo.

- Macché sexy, è solo che questa roba si balla così. Dai, prova anche tu: spingi il bacino di lato e fallo roteare.

- Oh senti, a me questo ritmo ispira tutt’altro.

- E cosa ti ispira?

- Una roba così.

 

(Si mette a ballare con movimenti tipo flamenco, battendo le mani. Emmanuel ride divertito)

 

- Ma dai, sei fantastico: una specie di flamenco!

- Sì, piuttosto una cosa del genere.

- Va benissimo, si adatta molto al ritmo. Ci provo anch’io.

 

(La gente intorno incomincia a ridere e a fare commenti in italiano).

- Ehi, guarda quei due!

- Sì, li sto guardando da dieci minuti.

- Un pochino gay, eh?

- Eh, ma proprio pochino pochino. Basta vedere come si muovono.

(Ridendo)

- Il vecchio frocio ci mette dell’impegno, eh? Dai vecchio, muovi di più il sedere, sei un po’ rigido.

 

(Di colpo Emmanuel smette di ballare e va a passi rapidi al bordo della pista, prendendo per il bavero il tizio che ha parlato).

 

- Ripetilo, coglione, se ne hai il coraggio.

- Ma che cazzo vuoi?

- Vecchio frocio a chi? Chiedi scusa o ti spacco la faccia, pezzo di merda.

- Ehi, calma!

- Chiedigli scusa, Giorgio, ti conviene: questo è alto uno e novanta e fa sul serio.

- Va bene, scusa. Eccheccazzo, non si può nemmeno fare una battuta…

- Lascialo andare, dai. Magari è suo padre o suo zio…

- Tientele per te le tue battute del cazzo, okay? Se ci riprovi ti sfondo il muso.

 

(Torna in pista)

- Gianni, sono mortificato, io… io non pensavo che qui dentro ci fossero tanti imbecilli, se no non ti avrei chiesto di ballare.

- Oh, non importa, tesoro: ci sono abituato.

- Ma cosa fai, continui a ballare?

- Sì, perché?

- Ma con tutti questi coglioni intorno…

- Non devi mai permettere agli altri di farti entrare dentro la loro mediocrità, angelo mio. Sai qual è il segreto? Lasciarsi scivolare addosso l’imbecillità altrui come acqua sulle piume di un’oca. Così non fa presa. Dai, balla con me.

- A me è passata la voglia, ma se proprio ci tieni…

- Sì, ci tengo.

- Va bene, allora ballo.

- Comunque è incredibile come ti salta fuori il maschio in certe circostanze. Ti ho ammirato molto, lo sai?

- Era il minimo che io potessi fare, Gianni.

 

(La canzone finisce)

 

- Ordiniamo ancora qualcosa, tesoro?

- Sì, un whisky doppio.

- Ma stai scherzando? Da quando ti dai ai superalcolici?

- Da quando sono incazzato. Quei due mi hanno mandato in bestia.

- Dovresti incazzarti più spesso, ti dona moltissimo. Io mi accontento di un Campari soda.

- Poi però ce ne andiamo a dormire allo chalet: sono stufo di stare qui.

- Pienamente d’accordo, gioia.

lunedì 9 giugno 2025

5. Chalet La Marmotte - Parte I (Emmanuel e Gianni allo Chalet)

(Rumore di sci che si stanno avvicinando e frenano)

- Che discesa fantastica, Gianni! Mi sono divertito un sacco.

- Scii da Dio, lo sai?

- Sì, sono ancora abbastanza bravo, anche se non più come una volta: in passato ho anche vinto delle gare.

- “Ancora, una volta, in passato”… Ti esprimi come un sessantenne, tesoro: non è che tu abbia tutto questo passato alle spalle.

- Be’, un po’ di passato ce l’ho anch’io: le gare le ho vinte quando avevo diciassette anni, ai campionati scolastici. Comunque anche tu te la cavi bene.

- Diciamo che mi reggo ancora in piedi.

- Dai, non fare il modesto: hai un bellissimo stile. Oggi si scia praticamente senza stile, in modo naturale, con gli sci un po’ larghi, ma a me piace molto lo stile di una volta, quello con gli sci sempre belli uniti.

- Quando ho imparato a sciare si usava il cristiania, pulcinetto: scarponi praticamente incollati l’uno all’altro. Ora va di moda il carving, che è quello che usi tu. È proprio la forma degli sci che è diversa.

- Già. Comunque le piste delle Dex-Alpes sono meravigliose.

- Sì, sono fra le più belle al mondo.

- E poi dove ti capita di sciare a maggio inoltrato? Con una neve favolosa, oltre tutto.

- È per questo che siamo qui, no? Il servizio fotografico doveva essere in alta montagna e sulla neve, c’era poco da scegliere. Qui si scia fino a luglio e la neve è naturale: tutto merito del Glacier Blanc, che si trova a tremilaseicento metri di quota.

- Sì, ma che servizio demenziale, Gianni: pellicce indossate sulla pelle nuda a tremila metri di quota! Dai, che cazzata. Chi farebbe mai una cosa del genere?

- La commissione arriva da una pellicceria, tesoro, ed è il committente a dettare le condizioni. E poi ti stavano benissimo: eri incantevole.

- Per fortuna sono pellicce sintetiche, anche se molto bene imitate: altrimenti mi sarei rifiutato di indossarle.

- Per forza, sei solidale con i tuoi cospecfici.

- I miei che?

- I marmottini, gioia.

- Ah già, certo, che stupido.

- Dai, togliamoci questa roba di dosso e andiamo a mangiare qualcosa: è già tardi. Saremmo dovuti rientrare subito dopo aver fatto le foto: adesso arriveremo a casa non prima delle dieci e mezzo, e solo se ci sbrighiamo a mangiare; ci vogliono più di quattro ore da qui a Milano e tu hai il fuoristrada sotto il mio studio. Poi dovrai farti un’altra ora e mezza di viaggio per arrivare a Torino.

- Anche di più, Gianni, perché la mia casa è a Baldissero, non a Torino. Comunque ne è valsa la pena: quando ho visto queste piste fantastiche non ho resistito alla tentazione di farmi una sciata. Per fortuna gli sci e gli scarponi li affittano al negozio, e con questo clima puoi sciare anche in giubbotto e jeans.

- Non metto in dubbio che ne sia valsa la pena, ma tu non sarai a casa prima di mezzanotte, e questo mi preoccupa.

- Non preoccuparti, Gianni, non ho nessuno che mi aspetta: vivo da solo, lo sai, e oggi il mio cane me lo tiene la mia amica Mayra.

- Non è per questo che mi preoccupo, ma perché sei stanco, tesoro. Ti sei alzato prestissimo, hai preso freddo mentre ti cambiavi le pellicce per fare le foto ad alta quota, poi ci siamo messi a sciare come due cretini, e oltre tutto siamo digiuni.

- Ma adesso mangiamo qualcosa, no?

- Sì, giusto qualcosina. Però stavo pensando che non mi va di rimettermi in macchina per così tante ore e di farti guidare per un altro paio d’ore al buio. No, non mi va proprio.

- E quindi?

- Se mi dai un attimo penso a una soluzione. Devo fare una chiamata però. Intanto andiamo al negozio a restituire gli sci e l’attrezzatura.

- Okay.

(Compone un numero sul cellulare).

- Massy? Ciao amore, come va il mal di denti? Hai preso qualcosa? Bene. Domani vai dal dentista però. Senti amore, sono in Francia per un servizio e vedo che mi viene tardi: ti dispiace se mi fermo a dormire qui? No, non ho prenotato, ma siamo fuori stagione e non credo proprio che avrò problemi a trovare una camera. Sì certo, pulita e decente, non voglio certo prendermi i pidocchi. Come con chi? Sono con un paio di amici, sai, i soliti tecnici addetti alle luci. Sì certo, ti telefono più tardi. Prendi un’aspirina e vai a nanna presto. Baci.

(Riattacca. Un lungo silenzio e passi sulla neve).

- Ti va se ci fermiamo a dormire qui per questa notte, orsacchiotto? Così ripartiamo domani mattina belli riposati.

- Era quello che speravo, Gianni, ma non osavo chiedertelo. In effetti sono un po’ stanco.

- Bene. Allora andiamo subito a prenotare una camera allo Chalet La Marmotte.

- È uno scherzo?

- No amore, esiste per davvero: è l’albergo perfetto per un marmottino, no?

- Indubbiamente.

- È grazioso e pulito, con delle belle camere tutte rivestite di legno, pavimenti e pareti. Naturalmente legno chiaro di larice, come si usa da queste parti.

- Adoro il legno di larice, ha un profumo inebriante.

- Anche a me piace molto. È un ambiente caldo e accogliente, ci sono stato altre volte.

- Con Massimiliano?

- No, in compagnia di amici.

- Capito.

- Poi facciamo una bella doccia, ci riposiamo un pochino e a questo punto andiamo direttamente a cena, perché sono già quasi le sei e fra una cosa e l’altra arriveranno le otto.

- Perfetto. Dove andiamo a cenare?

- Magari allo Studio Club, in Rue des Vikings. È un pub-discoteca, così mentre mangiamo sentiamo anche un po’ di musica.

- Okay. Non che la musica da discoteca sia il mio genere…

- Nemmeno il mio, tesoro, ma fa atmosfera, e soprattutto copre le noiose chiacchiere degli altri avventori.

(Poco dopo)

- Bonne soirée. Je souhaiterais réserver deux chambres pour ce soir.

- Il ne nous reste qu'une seule chambre, celle avec deux lits simples.

- Parfait, je le paie tout de suite.

- Voici la clé. À plus tard!

- Vieni, andiamo a posare le nostre cose in camera e a farci una bella doccia calda.

- Invidio la naturalezza con cui parli il francese: io lo capisco abbastanza, ma lo parlo poco e male.

- Ho fatto il Classico al Gonzaga, tesoro, dai Fratelli delle Scuole Cristiane, e lì si studiava anche il francese. Ma erano altri tempi, ora può darsi che sia tutto diverso. Sono piuttosto, diciamo così, datato.

- Gianni, con me non attacca: porti benissimo i tuoi anni e lo sai. Sei un uomo affascinante e interessante.

- Sì, certo, per un filologo o un archeologo.

- Oh, ma smettila! Piuttosto, dimmi quanto ti devo per la mia camera.

- Non hai sentito?

- Sì, mi è parso di capire che sia rimasta solo una camera, o sbaglio?

- Infatti: quindi non c’è nessuna tua camera da pagare, musetto.

- Allora dimmi quanto ti devo per la mia mezza camera.

- Ma niente, figurati, offro io.

- Come vuoi: allora io offro la cena.

- D’accordo, angelo mio, ma non farti tutti questi problemi: per me è un immenso piacere stare in tua compagnia, lo sai.

- Anche per me: quindi siamo pari.

- Ecco la nostra camera: cosa te ne pare?

- È fantastica, Gianni: proprio il mio genere. Solo materiali naturali, e questo buon profumo di legno… E poi le lenzuola bianchissime e il piumino provenzale leggero. È bellissima.

- Tesoro, sai cosa c’è di bello in te, a parte tutto il resto? Il fatto che giri sempre a bocca aperta come Alice nel Paese delle Meraviglie. Ti piace tutto, trovi tutto fantastico.

- No, in realtà non è così, Gianni. O meglio, non sempre è così. Non con tutti.

- Sono contento di avere questo privilegio.

- Che carini i due letti gemelli! Anche loro di legno di larice massiccio.

- Sì, sono molto carini, e ne approfitto subito. Vai prima tu a fare la doccia? Io ti aspetto qui e mi riposo un po’, poi ci diamo il cambio.

- Okay, vado.

 

venerdì 6 giugno 2025

4. Marmottino - Parte II (Gianni ci ripensa)

(Più tardi, a casa di Carlos e Mayra)

- Corajio Prinsy, no pianjere: vedrai che ti trovi bene anche con questo Guido.

- No Mayra. Non ho intenzione di andarci, ho chiuso con questo lavoro.

- Ma cominciavi a guadagnare bene, Principe.

- Lo so, Carlos, ma la delusione è troppo forte. Io mi ero affezionato a quell’imbecille ed ero convinto che anche lui fosse affezionato a me.

- Si era affezionato eccome: anche troppo.

- Non in quel senso, cazzo. Io dico affezionato come un amico, un padre, un fratello…

- Certo Manu, hai rajione. Io lo capisco benisimo che ci stai male, e anche Bela lo capisce: vedi come ti scondinsola. E anche Gatu Felipe ti guarda come se capisce.

- Bella mi scondinzola perché mi vuole bene, e anche voi due mi volete bene, e il tuo gatto mi capisce perché ha sofferto anche lui. Si chiama solidarietà. Io non desidero altro nella vita in questo momento, ne ho abbastanza di prendermi porte in faccia.

- D’accordo, ma non è il caso di farne un dramma. Mi pare che tu stia esagerando un po’, eh! To’, beviti questa birra: è una trappista, birra di grano, il tuo genere.

- Non ho voglia di birra in questo momento, ma la assaggio. Grazie, è buona.

- Comunque è vero che ci stai tropo male, Manu: era solo il tuo fotografo, mica il tuo fidansato…

- Mayra, dovresti saperlo che ci tengo agli amici. Per me sono importanti.

- E vabè, ma no era mica un tuo amigu: era uno che faceva le foto a pagamento, Manu.

- No, non era solo questo.

- Eh, ma guarda che mia sorella ha ragione: un amico non è un tizio che si fa pagare. Non c’era un rapporto di amicizia con lui.

- Ero convinto di sì.

- Eri convinto male. E in ogni caso devi fartene una ragione. Cosa sono queste lagne? Sembri un bambino di tre anni che ha perso il suo giocattolo preferito.

- Carlos, io…

- Eh sì, Prinsy, un pokino stai esajerando: sembra che quelo ‘namorado sei te, non lui.

- Mayra, questo da te non me lo aspettavo. Mi deludi molto. Scusatemi ragazzi, sono molto stanco e voglio andare subito a casa.

- Ma no Manu, resta qui, no metterti in makina così stanco… Scusami se ho deto qualcosa che ti ha dato fastidio, l’ho capito che ci sei rimasto tanto male.

- Dai su, Principe, tirati su di morale: prima o poi la voglia di fare le foto ti tornerà, vedrai.

- La voglia proprio no, Carlos. Non ci sarà mai più un rapporto di fiducia e di amicizia come con Gianni. Lui era divertente, surreale, mi faceva sentire a mio agio: ci andavo volentieri. Se lo farò ancora, lo farò solo per soldi, perché il vivaio non rende ancora abbastanza.

- Ma oggi però abiamo venduto parekie rose alla signora Bròsoli, e ha detto che ci porta anche delle sue amiche. E poi anche jerani e surfinie, e ci hanno chiesto dei albereli da frutto.

- Che non abbiamo, Mayra: dobbiamo procurarceli al più presto. Speriamo di essere ancora in tempo, la stagione è già abbastanza inoltrata.

- Già fato, Manu: li ho ordinati subito.

- Bravissima: non so come farei senza di te.

- Che ne dici di un tressette prima di cena, Principe?

- Ma sì, ci sta. Tira fuori le carte.

- Hai manjato poco, Manu. Vuoi ancora una fetta di dolce?

- Magari una fettina. Piccola però.

- Picolissima.

(Squilla il cellulare)

- Te l’ho deto che devi stakare il telefono quando manji, Prins: così no riesi mai a stare tranquilo.

- Me lo passi, Carlos? È lì sul mobile.

- Tieni.

- Aspetta: riesci a vedere il numero? Giusto per capire se è il caso di rispondere.

- No, è nascosto: dice “numero privato”.

- Che palle… Dammi qua. Pronto!

- Ho ricevuto una commissione da Switch Magazine, una roba di un glam assurdo. Ci vediamo la prossima settimana, ti va?

(Dieci secondi di silenzio).

- Gianni…

- Sì, musetto di topo?

- Topo proprio no, eh.

- Stavolta dobbiamo sbancare il banco: ho pensato a un outfit steampunk in un’ambientazione post-industriale, una qualche fabbrica dismessa con tutti i vetri rotti e ferri arrugginiti dappertutto. Il ferro arrugginito è di un fotogenico da paura.

- Gianni, cazzo.

- Ora cosa mi fai, l’offeso? Cos’è quel tono sussiegoso da educanda repressa? A parte il fatto che le educande non dicono cazzo.

- Aspetta, vado di là.

- Ah non sei solo?

- No.

- Sei con un uomo?

- Non sono affari tuoi. (Coprendo il microfono) Ragazzi, scusatemi, devo parlare un attimo in privato. Vi dispiace se vado in camera?

- Fa’ pure, Prinsy, io intanto sparekio.

- Vai, vai…

(Dalla camera)

- Si può sapere che cazzo ti prende? Mi avevi detto che era l’ultima volta.

- E va be’, cosa vuoi che sia? Anche tu mi hai detto un sacco di fesserie, ma mica le ho prese sul serio.

- Gianni, porca puttana, ti tiro giù il telefono.

- Davvero mi tiri giù il telefono?

- Sì, davvero.

- E allora fallo, no? Cosa aspetti?

- È tutto il giorno che ci sto male.

- Davvero ci sei stato male?

- Sei uno stronzo.

- Non possiamo fare la pace, rattolino mio?

- No, non possiamo, per il semplice fatto che non abbiamo mai litigato. Hai fatto tutto da solo, hai deciso che ti eri innamorato, che non potevi più vedermi, che era l’ultima volta, e poi rieccoti qua come se niente fosse. E non sono un rattolino.

- Sì che lo sei: ti manca giusto la coda. Comunque ho resistito otto ore, poi ho deciso che basta.

- Ma basta cosa?

- Basta fare i cretini, no?

- Parla al singolare, Gianni: io non ho mai fatto il cretino con te.

- E va bene, ammetto il mio torto. Mi perdoni?

- Non si tratta di perdonare. Io… io non ho assolutamente capito che intenzioni hai, ecco.

- Nessuna in particolare: solo di continuare a fare le foto, se ti va.

- Fammi capire: quindi vuoi che tutto torni come prima?

- Sì, tutto come prima: il solito tran tran da marmottino. Non è che gli animali da pelliccia si segnalino per particolare originalità. Allora ci vediamo mercoledì prossimo?

- Io… sì, credo di sì.

- Credi? Non ne sei sicuro?

- Ma Gianni, come faccio ad esserne sicuro dopo quello che mi hai detto stamattina?

- Mio Dio, cosa avrò mai detto di così terribile? Dai su, mettiamoci una pietra sopra.

- E l’innamoramento?

- Eh, mi sa che è già passato.

- Gianni, tu sei…

- E adesso cosa fai, piangi o ridi?

- Non lo so. Ti odio abbastanza in questo momento.

- È una frase da gay, lo sai?

- Sì, lo so.

- Bene, direi che è un buon punto di partenza.

- Vorrei essere gay, credimi: per me sarebbe meglio da diversi punti di vista.

- Davvero? Per me invece cambierebbe poco o niente, passerottino: mi sono fatto un esame di coscienza e ho scoperto di averne una.

- Cioè?

- Cioè, non è il tuo adorabile sederino che desidero: mi sembrerebbe di violare una cosa sacra. Scusa il termine démodé, ma non saprei come definire diversamente quel non so che che mi ispiri: è tipo un profumo un po’ nauseante, una roba a metà tra il gelsomino e il mughetto, di quelli che se li annusi troppo vai fuori di testa, e insomma, non è che quando vedo un cespuglio fiorito mi viene tutta questa voglia di farci sesso. Dio mio, mi sentirei ridicolo.

- È molto bello quello che mi hai appena detto, sai?

- Sì? Non lo so, può darsi. Ad ogni modo ho deciso che il mio ruolo nei tuoi confronti sarà quello di angelo custode. Sotto la mia guida puoi fare sfracelli, leprottino: tu ed io possiamo davvero dare fuoco a tutto.

- Grazie, Gianni, non voglio dare fuoco a nulla: mi accontento di tirar su un po’ di soldi e di stare con te. Quando sono con te dimentico tutto, entro in una specie di mondo magico fuori del tempo.

- Infatti è proprio così che dev’essere. Ti aspetto mercoledì alla solita ora, tesoro. Posso darti il bacio della buona notte? Da brava mammina, sulla fronte o sulla punta del musetto.

- Va bene, dai. Buona notte.

(Riattacca e torna in sala).

- Tutto bene, ragazzi.

- Tutto bene cosa?

- Gianni si è già dimenticato di essersi innamorato di me, quindi va tutto bene.

- Ma stai scherzando?

- No, Carlos: è la pura verità.

- E tu ci credi?

- Perché no? Gianni è pazzo, per cui è possibilissimo che le cose stiano così.

- E a te sta bene, dopo quello che ti ha detto oggi?

- Sì, a me sta benissimo.

- Tu sei completamente scemo, Principe.

- Lo so.

- Prinsy, cosa ci hai? Sei tuto strano, ci hai le mani che tremano.

- Sono un po’ scosso, Mayra, ma con una buona dormita mi passa tutto.

- Eh, lo spero proprio… No ti fermi a durmi da noi?

- No, grazie, ragazzi: ho voglia di fare un lungo giro in macchina con Bella.

- Dove?

- Boh, non lo so: a casaccio, su e giù per le colline. Ci vediamo domani!

- Buona notte, Principe.

- Bon noti, Manu…

 

lunedì 2 giugno 2025

3. Marmottino - Parte I (Gianni si ritira dal gioco)

- Guarda un filino più a sinistra… Più strabico, se puoi, ti dà un fascino assurdo. Fammi un sorriso tipo quando vedi un salmone che attraversa la strada alla fermata dell’autobus.

- E se il salmone finisce sotto l’autobus?

- Ovvio che ci finisce, se no perché sorrideresti? Perfetto, fermo così…

- Gianni, sei un sadico.

- Solo un poco.

- Ma perché oggi stiamo qua nel tuo studio invece che nei soliti posti stravaganti che piacciono a te? Parchi, castelli, rovine, monumenti, chiese deserte…

- Dio, come sei naïf: si dice “location”, non “posti”.

- Vabbè, nelle solite location. Non ci andiamo più?

- No, non ci andiamo più. Per oggi abbiamo finito, tesoro, puoi rivestirti.

- Di già?

- Sì, di già.

- Okay, mi rivesto.

(Silenzio)

- Quanto ti devo per il servizio, Gianni? Il solito?

- No, oggi no. Oggi è gratis, offro io.

- Ma perché?

- Perché è l’ultima volta.

- Come?... È uno scherzo, vero?

- No, gioia, non è uno scherzo.

- Cioè, in che senso l’ultima volta?

- Nel senso di ultima. Finish. The end.

- Ma Gianni… siamo partiti da poco, le riviste stanno appena incominciando a pubblicare le mie foto, cioè le tue, e tu vorresti piantarmi in asso?… Dai, non ci credo, è uno scherzo: un pesce d’aprile, eh?

- Ti ho detto che non sto scherzando.

- Non capisco… Ho fatto qualcosa che non va? Ho sempre pagato quello che mi hai chiesto, non penso di averti deluso o offeso in qualche modo… Sono davvero così scarso come modello?

- No amore, tu sei perfetto. Buchi lo schermo.

- E allora?

- Siediti, passerotto. Ti va un drinkino?

- Io… non so… cosa mi offri?

- Un Irish Coffee.

- Sarebbe?

- Un cocktail che si fa con irish whiskey, caffè lungo bollente americano e un cucchiaino di zucchero di canna. Ci vorrebbe anche la panna, ma non ne ho in frigo. Te lo preparo subito.

- Grazie, ma…

- Non discutere, ci vuole.

- Allora, com’è?

- Buonissimo, Gianni. Sei veramente bravo anche a fare i cocktail, non solo le foto.

- Eh sì. Mi servono per tirarmi su il morale in momenti come questo.

- Gianni, per la miseria, mi dici cosa sta succedendo?

- Oh, niente di che. Solo che ho un’etica, anche se ben nascosta, e quindi devo dirti addio.

- Ma perché, Dio santo? Perché?

- Non lo indovini, musetto da porcellino?

- No, non lo indovino affatto, non ho il musetto da porcellino e non sono in vena di indovinelli. Spero che tu non sia malato o qualcosa del genere.

- Malato fisicamente no: ho una salute più che discreta.

- Mi togli un peso dal cuore, credimi: il resto non può essere niente di così grave, ne verremo a capo. Stavo incominciando a guadagnare abbastanza bene, se vuoi ti pago di più.

- Sei assolutamente fuori strada, pulcinello mio: quello che mi davi è più che abbastanza.

- E allora non capisco proprio. Per favore, Gianni, io ho bisogno del tuo aiuto: non te l’ho mai detto, ma ho un figlio di un anno e devo assolutamente contribuire al suo mantenimento.

- Ma dai! Il mio marmottino ha messo al mondo un cucciolo di marmottino?

- Sì.

- Che tenero! E con chi, se è lecito? Una femmina, suppongo.

- Gianni, non è il momento di spiegarti il perché e il percome. Insomma, io contavo veramente su di te, e non capisco perché adesso mi volti le spalle. Cosa ho fatto di male?

- Niente. Quel sorriso, forse. O quell’aria un po’ da oca. O la tua pelle. O quelle gambe da fenicottero. O le scemenze che dici. O le piume da martin pescatore. Non so, fai tu.

- Insomma, sono proprio una frana?

- No, non sei una frana. Purtroppo sei un adorabile maschietto di lontra, e io non posso fare a meno di amare follemente le lontre. Hai presente quando si ruzzolano nell’acqua spruzzandosi a vicenda? O quando scivolano nella neve per dimenticare la fame, mentre quei musoni dei castori si mangiano le provviste che hanno accumulato durante l’estate?

- Sì, ma che cazzo c’entra? Scusami, continuo a non capire.

- Oh ma sei duro di comprendonio allora: devo proprio dirtelo in faccia?

- Eh, mi sa di sì.

- Marmottino mio, mi sono innamorato di te.

(Venti secondi di silenzio)

- Gianni, io…

- Sì lo so, non ne hai nessuna colpa eccetera eccetera. Purtroppo succede. La vita è ingiusta, tesoro, e quindi questa è l’ultima volta che ci vediamo.

- Aspetta, Gianni, ci dev’essere una soluzione: non precipitiamo le cose.

- Che soluzione vuoi che ci sia per un cuore infranto? La colla? Vedi, io so che non sono ricambiato e non farei mai nulla per forzarti: sono un galantuomo. Quindi non c’è nessuna soluzione. Ti lascio andare e stop. Fine del discorso.

- Ma io non voglio andarmene!

- Devi.

- Gianni, io ti voglio sinceramente bene, mi sono affezionato molto a te in questo periodo…

- Sì, lo so che mi vuoi un pochino di bene, e ti ringrazio. Ma io sto parlando di ben altro: ti sogno la notte, ho perso l’appetito, mi viene la tachicardia quando ti penso, non vedo l’ora di rivederti, queste cosine qua. E Massimiliano vuole lasciarmi.

- Chi è Massimiliano?

- Il mio attuale partner, tesoro. È un pittore di fama, ovviamente pittura moderna, di quella che la gente non ci capisce un tubo ma fa finta di capirci per non essere out. Dice che di notte pronuncio il tuo nome nel sonno, farnetico di marmottine e caribù, oltre tutto sbagliando la collocazione geografica: ambiento le marmotte in Liguria e i caribù nel Monferrato. Di giorno mi trova distratto e apatico, condisco l’insalata con la vaselina, e insomma, castorino mio, dobbiamo proprio darci un taglio.

- Capisco, Gianni. Ma perché castorino? Non ero una lontra?

- Sì, hai ragione: vedi che non ci sto più con la testa? Il fatto è che anche i castorini maschi hanno il loro perché, solo che non posso permettermi di innamorarmi a destra e a manca di tutti gli animaletti da pelliccia.

- Mi dispiace immensamente, credimi, ma capisco. Capisco soprattutto che ho una sfiga non comune.

- Perché dici questo?

- Perché è la storia di tutta la mia vita: appena qualcuno s’innamora di me, mi butta fuori della sua vita. Sembra che amare me sia qualcosa di insopportabile.

- Lo è, infatti: fai stare malissimo, è come quando sei a un vernissage di una mostra di cui non ti frega un cazzo e hai le scarpe troppo strette. Non vedi l’ora di togliertele, quelle scarpe, e di indossare le solite, orride pantofole di panno che usi per guardare la tv.

- Eh ma non è mica colpa mia, Gianni! Io non ci posso fare nulla. Non è giusto, non è davvero giusto che la facciate sempre pagare a me per qualcosa che non dipende da me!

- Lo so, cucciolo, ma le scarpe strette sono una tortura, è un dato di fatto incontestabile. E siccome ti voglio bene, eccoti il biglietto da visita di Guido Serrani, un fotografo di moda mio amico, uno bravissimo e rigorosamente etero: si fa le modelle, contento lui… Gli ho già parlato di te, ti aspetta la prossima settimana.

- Grazie Gianni, non ho nessuna intenzione di andarci.

- Perché no?

- Perché a me faceva piacere stare con te. Sono io il paio di pantofole vecchie di cui ti vuoi sbarazzare, altro che scarpe troppo strette… Chissà quante altre scarpe belle nuove hai a disposizione, ma di quelle, chissà perché, non ti vuoi sbarazzare.

- Il fatto è che le altre scarpe nuove non mi fanno né caldo né freddo, sono carine e basta. Usa e getta. Tu invece mi smuovi qualcosa dentro, e questo non va.

- Certo, come no: e io dovrei anche crederci. La verità è che a te non frega un cazzo di me. Di me come persona, intendo. Detesto fare il fotomodello, lo facevo solo perché a fotografarmi eri tu, cazzo, e tu mi butti fuori della porta…

- Ora mi fai venire i lacrimoni, marmottino. Ma bando ai sentimentalismi, il lavoro è lavoro: dormici su, vedrai che domani la penserai diversamente e telefonerai al mio amico Guido.

- Non credo proprio, ma grazie lo stesso.

- Non ti chiedo di darmi un bacio, musetto, ma facciamo finta di sì.

- Lo faccio per davvero, Gianni. Lasciamoci almeno con un abbraccio.

- Da veri uomini, eh?

- Da veri uomini.

(Riparte piangendo)

 

domenica 1 giugno 2025

2. Quel musetto brutto brutto (Sei troppo dolce...)

(Milano, Parco Sempione)

- Me lo fai di nuovo quel musetto brutto brutto?

- Brutto brutto in che senso?

- Quel grugnetto un po’ da maialino che mi fai ogni tanto… Ecco, bravo, così.

- Gianni, ma devo per forza avere un’espressione da coglione in tutte le foto che mi fai?

- Tesoro, quella che chiami espressione da coglione è l’apoteosi del sexy. In questo lavoro il musetto un po’ da porco è il minimo sindacale.

- Sì vabbè, un po’ da porco…

- Bravo, sta’ giù, così… toccati le cosce… Più su, non fare il timidone: ti ricordo che stiamo facendo le foto per l’intimo maschile, non per un collegio di suore.

- Ovvio che è per l’intimo maschile: sono un maschio.

- Amore, tu non hai idea dell’effetto che faresti con una guepière, i reggicalze e la calze nere a rete. Guarda, mi bolle il sangue al solo pensiero…

- Effetto Rocky Horror Show, direi.

- Frank-N-Furter che canta Sweet Transvestite… non mi ci far pensare, una roba da svenire!

- Sì, non posso darti torto: Tim Curry era veramente forte in quel ruolo.

- “Forte”? Vedo che non perdi il vizio di minimizzare, gioia. E sta’ fermo, smettila di grattarti le gambe… Tira su la coscia sinistra, aprila un po’, metti la manina dove sai… Perfetto!

- Gianni, comincio a non poterne più di stare fermo in questa posizione: sono praticamente nudo, fa freddo e c’è anche qualche zanzara.

- Ragiona, tesoro: se fa freddo come fanno a esserci le zanzare? E poi è ancora troppo presto.

- Non so che dirti, mi stanno pungendo lo stesso.

- Perché sei troppo dolce, non riescono a resistere alla tentazione di succhiarti… Le capisco, sai?

- Ma almeno fammi spostare al sole!

- Non posso, non c’è la luce giusta. Su, coraggio, abbiamo quasi finito. Quell’espressione incazzata che hai in questo momento è perfetta, mantienila, così… E cerca di avere un po’ di pazienza, sant’Iddio, non so se ti rendi conto che stai posando per Calvin Klein! Fai le foto per i brand più esclusivi e sei solo agli inizi.

- E ci resterò, agli inizi: ti ho già spiegato che non intendo fare carriera come fotomodello. Voglio solo guadagnare un po’ di soldi, tutto qua, e ci sto riuscendo, anche grazie a te.

- Tu sei pazzo, musetto mio, pazzo come un caribù in calore sperduto nel paradiso artico. Ma io ti farò cambiare idea, vedrai.

- Un caribù in calore sperduto nel paradiso artico?

- Sì, perché? Il calore è perfetto per il clima artico.

- Ho capito, ma cosa c’entra?

- Non ti va il caribù? Allora un gamberetto in amore sperduto negli abissi dell’Oceano Indiano. Il gamberetto arlecchino è bianco a pallini azzurri, uno chic da paura, e fa delle danze d’amore spettacolari.

- Gianni, ti senti bene? Mi sa che stai avendo un ictus.

- Mi sento sempre benissimo quando ti vedo, tesoro. Coraggio, restami giù ancora per un cinque minuti e poi purtroppo abbiamo finito. Ti va se dopo ti offro uno sprizzino al Caffè Cavalieri?

- Grazie, accetto volentieri, ma poi devo scappare subito, perché ho un appuntamento a Castelnuovo Don Bosco nel primo pomeriggio.

- Castelnuovo? Ma sei serio? Vuoi mettere Castelnuovo con Milano?

- È un paese molto vivace, Gianni, mica il solito mortorio. E poi devo incontrare una persona speciale.

- Una donna?

- No, un uomo.

- Eh, ma così mi rendi geloso! Un uomo… speciale? Più speciale di me?

- Non è niente di quello che pensi: è un amico, un tipo pieno di iniziative. Dobbiamo discutere di affari.

- Ah, allora va bene. Sai una cosa? Ne ho parecchi di maschietti da fotografare, ma tu sei in assoluto il mio preferito.

- Oh caspita, non so se esserne lusingato o preoccupato.

- Preoccupato no, dai: io sono tutto fumo e niente arrosto. Non darei mai la caccia alla mia piccola nutria di laguna.

- Cos’è la nutria di laguna?

- Non esiste, tesoro: è un animale di fantasia, come te. Neppure tu esisti, sei solo una proiezione della mia mente.

- Ma perché poi sono il tuo preferito? Io non so neanche da che parte si incomincia a fare il fotomodello.

- Appunto per questo: tu hai quell’aria da incantevole oca che mi fa impazzire, sei sempre fuori contesto in qualunque circostanza.

- Incantevole oca?

- Scherzo, dai. Mi piace scherzare con te, ci caschi sempre. Abbiamo finito: mettiti qualcosa su quell’adorabile pelliccetta freddolosa da marmottino della tundra e andiamocene al caffè.

1. Fotomodello a tempo perso (Come fu che incontrai Gianni)

(Baldissero Torinese, casa di Carlos e Mayra)

- Allora, Principe, ecco il sito che ti dicevo.

- Leggi, Carlos.

- “Un book fotografico è la chiave del successo professionale di un modello. In un portfolio ben fatto devono trovare spazio diverse tipologie di scatti, che ovviamente incidono sui costi di uno shooting fotografico: primi piani, ritratti a mezzo busto, fotografia full body e foto con outfit vari.”

- Sì, questo lo davo per scontato. Ma i prezzi?

- Dipende, Principe: si va da seicentomila lire per i primi piani alle ottocentomila per le foto a corpo intero. E poi ci sono delle maggiorazioni di prezzo per i cambi di outfit.

- Sarebbe?

- Cambi di vestito e di scenografia.

- Certo, costa di più perché bisogna regolare le luci. Ma non possiamo farle noi, le foto? Non puoi immaginare quanto mi dia fastidio questa cosa.

- No, Principe, se vuoi un risultato professionale bisogna che tu vada da un fotografo vero. I migliori sono a Milano. Devi farti fare un portfolio, si chiama così.

- E va bene, andiamocene a Milano. Dimmi un nome di fotografo a caso, il primo che trovi nel sito.

- Gianni Gandolfini, via Ludovico Cavaleri 42. Ti dò il numero?

- Sì, grazie: prendo appuntamento e ci vado appena possibile, così mi tolgo il pensiero. Bella me la potete tenere voi per un giorno?

- Senz’altro, lo sai che va molto d’accordo con Mayra. Ma sei giù di morale, Principe.

- Per forza: sono già a corto di soldi e mi tocca andare a spenderne altri per sperare di guadagnare qualcosa con un lavoro che mi fa schifo.

- Lo farai solo se ne hai voglia. Sento che Mayra ha fatto il caffè: andiamo in cucina a prenderne una tazza.

- Con i biscotti fatti da lei?

- Sì, con i biscotti.

- Allora volentieri.

 

 

(Milano, Parco Sempione)

Fammi il broncio, fammi il broncio… così… Di più, tira fuori quelle labbra!

Ma così sembro un cretino.

Tesoro, tutto meno che cretino: fai venire idee di tutti i generi, ma non quella, credimi. Ma ti sei fatto dei filler a quelle labbra?

Dei che?

Filler. Te le sei gonfiate con l’acido ialuronico?

No, macché gonfiate: sono già gonfie abbastanza. Praticamente ho una bocca da donna.

Hai la bocca più sexy che io abbia mai visto dopo quella di Mick Jagger. La testa indietro, lascia cadere i capelli, così, bravo… senti il vento nei capelli…

È un ventilatore.

È il vento, amore, è il vento che ti scompiglia i capelli mentre ti aggrappi all’albero e tenti di dare la scalata al Castello Sforzesco.

Ma solo un coglione tenterebbe di dare la scalata a un castello arrampicandosi su un albero!

La gente crede a quello che vede, e qui vede un cavaliere medioevale, un albero e un castello. Hai un outfit che è la fine del mondo, compresa la corazza, quindi puoi dare la scalata a tutti i castelli che vuoi. Anche i capelli sono perfetti, abbiamo risolto il problema della lunghezza con le extensions: sono assolutamente naturali, puoi agitarli quanto ti pare. Dammi retta, devi farteli crescere.

Li avevo già lunghi, ma poi li ho tagliati.

Fatteli crescere di nuovo. Per il tuo tipo fisico ci vogliono i capelli lunghi: faccia d’angelo su un corpo maschile, un androgino da sballo. Scrollali, buttateli in faccia, lasciali cadere in disordine: sei sensualissimo così. Devi fare un po’ di palestra per gli addominali, però: le case di moda vogliono le tartarughe.

Le tartarughe?

Si chiamano così, tesoro. Ora avvìnghiati all’albero, così… perfetto… strofinati sensualmente… Di più, come se volessi farti il tronco dell’albero, come se fosse la tua donna… O il tuo uomo?

Preferibilmente donna.

Preferibilmente: questo lascia aperte tutte le porte. Sei stupendo, ora getta indietro la testa e non sorridere. Devi sembrare incazzato, stai dando la scalata al castello.

Sto dando la scalata al castello o mi sto facendo l’albero?

Tutt’e due.

Okay, sono uno squilibrato: bastava saperlo.

Ma non parlare sempre, mi rovini gli scatti più belli! Guardami come se mi odiassi, come se volessi prendermi a frustate… perfetto… così. Ora basta con il Medioevo: togliti tutto e sdraiati nell’erba.

Ma qui, nel parco Sempione, con la gente che passa?

La gente adorerà la tua vista, credimi.

Mi tolgo la corazza e il costume e resto in maglietta e jeans?

Ho detto tutto. Tutto tranne le mutandine, se no ci arrestano.

No, dai, per favore…

Non discutere, lasciami fare il mio lavoro: hai scelto uno dei fotografi più in di Milano, non pretenderai di insegnarmi il mio mestiere.

Non mi permetterei mai.

Tu hai un sacco di possibilità, ragazzo: buchi l’obiettivo. Con il tuo fisico farai certamente il modello per l’intimo, perciò il tuo book deve assolutamente includere anche questo tipo di scatti. Cambiati lì, dietro il paravento. Oh bravo, vedo che hai messo su gli slippini neri aderenti: quei boxer con i paperi che avevi prima erano improponibili. Ora vammi giù nell’erba.

Nell’erba? Ma ci saranno delle siringhe!

Controlla bene e poi sdraiati. Ora drizzati su un gomito e fissa il vuoto. Non avere nessuna espressione, devi solo offrirti agli sguardi… Bene, così…

Abbiamo finito?

No: ne facciamo ancora qualcuna con un outfit completamente diverso, tipo Steampunk.

Che sarebbe?

Uno stile particolare, una specie di fantascienza ambientata nell’Ottocento in cui la tecnologia più avanzata è azionata dalla forza del vapore. In pratica ti vesti in stile ottocentesco, ma con degli accessori tecnologici anacronistici.

Interessante.

Quindi vatti a mettere camicia, gilet, giacca con il colletto di velluto, cravatta di seta, e appenditi al collo un po’ di quegli aggeggi; ci sono dei binocoli, dei medaglioni, degli occhiali con l’elastico dietro, dei manometri, degli orologi, vedi tu: è tutta roba completamente inutile, serve solo a fare scena. Oh, qui ci vogliono anche i baffetti: li trovi nella trousse.

I baffetti?

Sì, siamo nell’Ottocento. E togliti le extensions, i capelli vanno corti.

Okay…

(Milano, studio di Gianni, via Ludovico Cavaleri 42)

- Ecco il tuo book, ragazzo: avevamo pattuito novecentomila lire, ma ti faccio un po’ di sconto perché mi è piaciuto molto lavorare con te. Facciamo ottocentocinquanta.

- Grazie, signor Gandolfini: le va bene se pago in contanti?

- Benissimo. Ma dammi del tu, non sono poi così vecchio: mi chiamo Gianni.

- D’accordo, Gianni.

- Le foto sono spettacolari, devi ammetterlo.

- Sì, sono molto belle.

- Tu hai un futuro come modello, Emmanuel, lasciatelo dire: sei un po’ timido, ma prendi la luce come pochi e quando ti lasci andare sei una roba esagerata, sexy da paura. Hai dei mezzi fisici assolutamente fuori del comune. Se ti va, posso farti ancora qualche foto gratis en déshabillé: nella saletta qui di fianco c’è un lettino con le luci giuste.

- En déshabillé, sarebbe nudo?

- Sì, tesoro: non potevamo certo farle nel centro di Milano, con tutti i passanti che guardavano.

- Ma cosa me ne faccio di foto dove sono nudo? Non posso mica mandarle alle case di moda.

- Be’, non proprio nudo: diciamo che metteresti una manina al posto giusto.

- No, grazie, Gianni: apprezzo sinceramente l’intenzione, ma penso che sia meglio evitare.

- Come vuoi. Ad ogni modo queste foto sono un bel lancio, credimi: ti vedremo molto presto sulle copertine delle riviste di moda.

- No, niente di tutto questo. Non ho nessuna intenzione di fare carriera in quel campo.

- Ma come? E allora perché sei venuto da me a Milano e hai speso tutti questi soldi?

- Perché voglio lavorare un po’ per qualche casa di moda, ma solo saltuariamente. Diciamo a tempo perso.

- Non ci siamo proprio, tesoro… Tu sei nato per questa carriera.

- Grazie, Gianni, non m’interessa lavorare come fotomodello.

- Stai sprecando un grosso talento e un’opportunità di guadagno unica: tu puoi sfondare in questo campo, e guarda che non lo dico quasi a nessuno. Ne vedo passare di gente in questo studio, ma sono quasi tutte persone abbastanza comuni che cercano di sembrare speciali: tu invece sei speciale per davvero.

- Non credo di meritare questo complimento, ma in ogni caso non voglio sfondare… né farmi sfondare. Grazie del tuo lavoro, mi sono divertito molto a fare queste foto con te.

- Piacere mio: torna a trovarmi quando vuoi, per te ci sarò sempre.

- Se avrò bisogno di altre foto verrò certamente da te.

- A presto!

(Milano, sotto lo studio di Gianni)

- Carlos? Sarò di ritorno fra un’ora e mezza, ringrazia Mayra per avere tenuto Bella. Sì, vengo a cena da voi, grazie. È andata bene, ma c’è da ridere. Sì, poi ti racconto. A fra poco!